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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

03 luglio 2014 | 10.31
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"Il tema dell'articolo 18 sta dentro la ridefinizione delle regole e dei contesti del mercato del lavoro. Non va isolato. Non è un totem come non lo è nessun'altra norma fatta dagli uomini, e che dagli uomini può essere modificata. La Legge Fornero già ha portato delle modifiche all' Articolo 18 e, per questo, prima di qualsiasi discussione va fatta un' analisi per valutarne gli effetti". Così il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in un'intervista a 'La Nazione'.

"Io vado nella direzione -conclude- di abbassare il costo del contratto a tempo indeterminato nella fase di avvio".

"Il primo problema è di metodo. Qui si parla di orari, retribuzioni, merito, apertura prolungata delle scuole: tutti temi che devono essere oggetto di contrattazione sindacale, poi certo il governo può dare le sue indicazioni ma non imporle per legge. Noi proponiamo invece che si apra il tavolo di rinnovo del contratto nazionale, lì il governo ci può fare le sue proposte e lì si può aprire una discussione". Così, in un'intervista a 'L'Unità', il segretario generale della Flc Cgil, Mimmo Pantaleo.

"Perché sono tutte questioni su cui -conclude Pantaleo- c'è bisogno di consenso e partecipazione, non imposizioni. Invece così il governo prima decide, poi apre la discussione. Se si mantiene questa linea ne prenderemo atto e decideremo come muoverci".

"L'Italia si sta riprendendo, l'Europa si sta riprendendo. Questa è la ragione per cui JP Morgan non ha mai lasciato l'Italia, nemmeno durante le fasi più critiche della sua economia. Ma l'Italia e l'Europa devono competere con adeguate scelte di politica economica e fiscale e una chiara regolamentazione bancaria: tutto questo contribuisce a migliorare la crescita". Così Jamie Dimon, chairman e chief executive officer di J.P.Morgan Chase, parla al Sole 24 Ore all' avvio del semestre italiano di presidenza della Ue.

"Sono favorevole -conclude- a una forte regolamentazione bancaria ma comprendo la difficoltà delle banche europee: vorrebbero erogare più credito ma sono sotto pressione perché devono ridurre la leva e l' esposizione ai rischi. I governi europei dovrebbero adottare politiche equilibrate per incoraggiare le banche a finanziare l' economia e prestare denaro, soprattutto alle pmi".

"È sorprendente che in Europa si parli ancora di rispettare il criterio del rapporto debito-Pil al 60%. È un obiettivo irrealizzabile in tempi certi e inutilmente penalizzante per i Paesi che hanno un debito elevato per cause che non dipendono dall'architettura istituzionale dell'Unione monetaria". Così, in un intervento sul 'Sole 24 ore', l'economista Pietro Reichlin.

"Debiti pubblici contenuti a livello locale -continua l'economista- sono desiderabili in ogni federazione perché in ogni federazione esistono garanzie offerte dal potere centrale e, di conseguenza, i singoli Stati hanno un incentivo a indebitarsi in misura eccessiva. Ma l'incentivo può essere eliminato imponendo un vincolo alla crescita dell'indebitamento piuttosto che al suo livello: l'azzardo morale riguarda il nuovo debito, non lo stock in essere".

"Andare incontro alle esigenze del cliente significa moltiplicare le occasioni di shopping. Non ha senso porre limiti a saldi e promozioni. Tanto meno vincolare gli orari. Bisogna tutelare la libertà dell' imprenditore". Così Mario Resca, presidente di Confimpresa, in un'intervista a 'Libero', sulle aperture delle attività commerciali.

"La domenica sia nei negozi dei centri storici sia nei centri commerciali porta il 23% degli incassi dell'intera settimana, contro una media del 10-12% registrata dal lunedì al venerdì. Complessivamente durante il weekend si concentra circa metà di tutto il giro d' affari della settimana. Significa che, nonostante i costi maggiori che gli esercenti devono sostenere secondo il contratto nazionale commercio, pari al 30% per le domeniche e al 50% per le festività, l' apertura conviene".

"Un'Europa anemica in cui industria e servizi stentano a tenere il passo di Usa e Giappone, che hanno affrontato con successo il cambiamento reso necessario dalla concorrenza dei paesi emergenti a cominciare dalla Cina, nonché dall' esigenza di adottare le nuove tecnologie e di affrontare l' invecchiamento della popolazione". Spiega così a Il Tempo Luigi Paganetto, professore e presidente della Fondazione Economia Tor Vergata, l'impasse nella quale il Vecchio Continente si trova.

"Le elezioni europee -continua Paganetto- hanno visto l'emergere di molto euroscetticismo. La permanenza di tassi di disoccupazione elevati e di bassa crescita hanno reso ancora più pressanti e necessari gli interventi a favore della crescita indicati dal Premier Renzi. Le politiche di austerità di questi ultimi anni come è ormai riconosciuto hanno approfondito la crisi piuttosto che risolverla".

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