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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

17 giugno 2014 | 09.52
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Per l’economista Alberto Quadrio Curzio il premier Renzi “vicino, almeno in prospettiva” al modello tedesco “che sarebbe anche il più confacente al nostro Paese”.

Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Alberto Quadrio Curzio, economista scrive sul ‘Sole 24 Ore’: “Sono passati poco più di 100 giorni da quando è in carica e, malgrado Renzi non abbia celebrato, come altri hanno fatto prima di lui, questa scadenza, non si può dire che abbia perso tempo. Ciò non significa che tutte le misure legislative adottate andranno ad effetto perché, come dimostra il Rating 24 di questo giornale, sono ancora fermi 500 i provvedimenti attuativi ereditati dai due precedenti governi”. “Renzi è stato considerato, in modo sbrigativo e di volta in volta, un rottamatore, un comunicatore, un decisionista ai limiti della prepotenza -spiega Curzio-. Partendo invece da una tripartizione (europea) tra modelli liberisti (all’ inglese), modelli dirigisti (alla francese) e modelli liberal-sociali (alla tedesca) a noi pare che Renzi sia vicino, almeno in prospettiva, a quello tedesco che sarebbe anche il più confacente al nostro Paese. Per noi Renzi è un solidarista liberale o un liberale solidarista o un liberal-sociale. Sappiamo che questi paradigmi non convincono chi crede solo al bipolarismo tra Stato e mercato e ai loro dosaggi senza livelli intermedi e sussidiari”.

Giovanni Canzio, presidente della Corte di Appello di Milano, in un intervento sul ‘Sole 24 Ore’ spiega che per i magistrati “sarebbe più logico prevedere lo “scivolo” graduale da realizzarsi a partire dai magistrati più anziani nell’arco del prossimo quinquennio”. “Tale soluzione risponderebbe meglio alle esigenze di buon funzionamento della giustizia, consentirebbe al Csm di scandire i concorsi per i nuovi dirigenti, al ministero di indire i concorsi per i nuovi magistrati, alla Scuola della magistratura di approntarne la formazione; eviterebbe dubbi di costituzionalità e contenziosi come per i professori universitari; mostrerebbe riguardo per le legittime aspettative di persone che hanno dedicato la vita al servizio della giustizia”.

L’economista francese Jean-Paul Fitoussi in un’intervista al ‘Sole 24 Ore’ parla di Europa. “L’Europa -dice- si è fatta togliendo competenze a Stati membri. Che hanno accettato in cambio di qualcosa di simile al federalismo e di rapporti di forza più equilibrati. Poi c’ è stata un’ accelerazione della storia con l’ allargamento piuttosto che con l’ approfondimento. È successo dopo la creazione della monete unica e ha segnato la fine dell’ Europa federalista. Che era possibile a 10-12 paesi, non a 28”. L’allargamento a Est è “una delle ragioni” della crisi. aggiunge. E spiega: “Un’altra è la corsa al liberalismo, il marchio di fabbrica dell’ Europa. Strada facendo però si è perso un potere politico forte in grado di correggerne accelerazioni e storture eccessive.Risultato? Si sono prese alle lettera le regole del liberalismo: deregulation, moneta unica con il solo obiettivo dell’inflazione minima e pareggio di bilancio. Queste regole sono state scolpite nei Trattati e nelle Costituzioni: e così, per la prima volta al mondo, sono entrate nelle politiche correnti”.

“Le elezioni europee hanno certificato il fallimento dell’austerità che ha fatto aumentare i disoccupati e ha prodotto nuovi poveri alimentando rabbia e disperazione nella maggior parte dei Paesi dell’Euro”.lo scrivono su ‘La Repubblica’, Stefano Sylos Labini e Giorgio Ruffolo. “I Partiti Socialisti europei non hanno sfondato -dicono- poiché si sono appiattiti sulla politica del rigore promossa dal Partito Popolare, che ha subito un netto ridimensionamento. E così sono cresciute, anche se molto al di sotto delle clamoro- se previsioni, le forze nazionaliste e le forze favorevoli a un’ altra Europa federale e solidale. I gruppi fortemente critici dell’ Europa dell’ austerità a guida tedesca hanno ottenuto quasi il 20 percento dei seggi, contro il 9 percento del 2009, e, sebbene non riusciranno mai a costruire un fronte unico, hanno, però, la possibilità di sabotare le politiche economiche del blocco di maggioranza costituito da popolari e socialisti. Questi due grandi partiti ora dovranno governare insieme come accade in Germania, e bisognerà vedere se i rapporti di forza cambieranno e se il Partito Popolare Europeo sarà costretto a promuovere nuove politiche economiche per lo sviluppo e l’occupazione”.

L’irrigidimento russo, il rischio di una guerra del gas fra l’ Unione europea e la Federazione Russa. L’ Unità ne discute con l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, già Rappresentante permanente dell’ Italia presso l’ Unione europea, oggi presidente dell’ Istituto Affari Internazionali (Iai). “Il rischio c’ è, anche se mi auguro che alla fine si trovi una intesa. Il rischio riguarda in primo luogo l’ Ucraina, ma come conseguenza di una punizione che la Russia vorrebbe imporre a Kiev, si dovrebbero mettere in conto conseguenze molto pesanti anche per l’ Europa. È uno scenario che si è già prodotto alcuni inverni fa e che poi si è riusciti in qualche modo a risolvere. Nel caso specifico, ritengo che il problema delle forniture di gas russo all’ Ucraina, dovrebbe trovare una sua definizione nel quadro di una auspicata ripresa del dialogo tra Mosca e Kiev”.

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