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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

23 giugno 2016 | 10.00
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"La Gran Bretagna non dimostrerà la fragilità dell'economia mondiale ma provocherà tensioni. Nessuno esclude Brexit, quindi si è preparati. Molte esagerazioni dipendono dalla campagna inglese: Osborne dice che ci sarà recessione ma non si capisce con quali basi. Di più. Londra in Europa ha già un piede dentro e uno fuori". Così, intervistato dal 'Sole 24 ore', Etienne Davignon, ex commissario europeo.

"Se gli inglesi escono -continua Davignon- di sicuro perderemmo qualcosa. In futuro politica estera comune ed eurodifesa non sarebbero la stessa cosa. Chi come me si è battuto per avere l'Inghilterra dentro, dopo il veto di de Gaulle, non lo ha fatto per affezione ma convinto che fosse nell'interesse europeo. Anche se l'uscita sarebbe un fallimento più per gli inglesi, lo sarebbe anche per l'Europa. Ma -conclude- sopravviveremmo".

Dallo scenario incerto che seguirebbe una Brexit "l' Italia non deve temere effetti specifici. Gli effetti negativi sarebbero anzi prevalentemente concentrati Oltremanica. Tuttavia la nostra economia subirebbe conseguenze analoghe a quelle diffuse in tutta l' Unione europea e non dobbiamo nasconderci che l' incertezza tende a penalizzare i Paesi che presentano fragilità strutturali" come il nostro. Lo scrive il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan in una lettera inviata al 'Foglio' in cui evidenzia le tre conseguenze che comunque sono da attendersi a seguito del referendum che oggi si tiene nel Regno Unito: rischio di emulazione, incertezza sui mercati e rallentamento dell'economia per via dell'indebolimento delle attese sul futuro dell'Unione.

"Il governo italiano - aggiunge - è convinto che la reazione migliore alla crisi dell'Unione europea consista in uno sforzo di maggiore integrazione. In particolare, siamo convinti che sia indispensabile mettere in cima all' agenda dell' Unione il rilancio della crescita economica e dell' occupazione.

Tre, secondo Padoan, "le leve concrete di intervento per conseguire questo risultato: stimolo agli investimenti anche attraverso un potenziamento del Piano Juncker; rafforzamento del mercato unico, con un impegno specifico sul fronte dell' innovazione; infine un meccanismo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica che consenta di gestire le fasi di aggiustamento senza scaricarne integralmente i costi sui lavoratori".

"Spero che il popolo britannico scelga di mantenere la cooperazione con noi. È nel loro e nel nostro interesse". Così, intervistato da 'La Stampa', Bert Koenders, ministro degli Esteri dei Paesi Bassi.

Per Koenders "lo spirito britannico può essere considerato analogo al nostro. Sono pragmatici, con una mentalità del “si può fare” e una prospettiva internazionalista. Per questo è importante che restino. Detto ciò, apprezziamo lo spirito, ma non necessariamente -conclude- la volontà di prendere dell’Ue solo ciò che piace".

"Dobbiamo ricordarci che questo problema poteva tranquillamente essere evitato. Il premier Cameron ha pensato il referendum fosse un modo di risolvere problemi interni al partito Conservatore, immaginando che sarebbe stata una vittoria facile, che avrebbe messo a tacere le voci euroscettiche. Il voto è diventato così combattuto quando il dibattito si è spostato sull’immigrazione". Così, intervistata da 'La Repubblica', la direttrice dell'Economist, Zanny Minton Beddoes.

"A quel punto il fronte Brexit -conclude- ha toccato una preoccupazione diffusa, condivisa anche altrove in Europa.

"La dibattuta questione della Brexit è assai più ampia della scelta tra il sì e il no del referendum di oggi. Beninteso, occorre sottolineare che la vittoria del sì all' uscita aprirebbe un periodo difficilissimo per i rapporti tra Unione Europea e Regno Unito, soprattutto perché a quel punto occorrerebbe riscrivere tutti i trattati commerciali stipulati a partire dal 1973 quando la Gran Bretagna entrò, tardivamente, nel Mercato Comune Europeo fondato nel 1957". Così, in un intervento sul 'Messaggero', l'economista Giulio Sapelli.

"Ma a pesare in modo preoccupante -continua Sapelli- sarebbe anche la robusta svalutazione inevitabile della sterlina rispetto all' euro, che aprirebbe una fase nuova piena di incognite nel commercio mondiale. C' è poi un altro problema legato all' attività delle Borse".

"La fusione tuttora sul tavolo ma non ancora avviata tra le Borse di Londra, Francoforte e Milano entrerebbe in una fase assai difficile -conclude l'economista- dal punto di vista della governance e dei pesi relativi dei gruppi d' interesse, che verrebbero profondamente modificati per le inevitabili migrazioni dei flussi finanziari e delle istituzioni globali di intermediazione dei capitali".

"Nessuna paura, anzi, fossi inglese voterei per la Brexit. Anche quando l’Inghilterra è rimasta fuori dall’euro dicevano che sarebbe diventato un paese marginale e invece Londra si è rafforzata come capitale finanziaria dell’Ue e l’economia inglese è cresciuta più di quella della zona euro". Così, intervistato da 'Avvenire', il presidente di Mediolanum, Ennio Doris.

"Dovesse vincere il "Leave" sui mercati ci sarà un po’ di instabilità nell’immediato, ma le banche centrali sono pronte a intervenire, mentre nel lungo termine questo episodio sarà ricordato come il crollo di 500 punti di Wall Street nell’87: un episodio, appunto", conclude.

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