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Rebus premier, i nomi in pole

11 maggio 2018 | 16.59
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Ieri era la soluzione, ma oggi inizia già a vacillare. Oltre a non avere un premier terzo nel cassetto - "di alto profilo, non un tecnico e con una chiara impronta politica" l'identikit tracciato - nel M5S crescono i dubbi sul nome da individuare per affidargli il mandato a formare il governo. E anche se la garanzia potrebbe essere quella di un ruolo forte di Salvini e Di Maio in una sorta di 'triumvirato' di fatto, il timore diffuso è che alla fine ci si trovi con una figura "difficile da gestire".

Nell'incontro di oggi tra i due leader, assicurano i vertici 5 Stelle e dichiara lo stesso Di Maio al termine del faccia a faccia, non si è parlato di nomi. E i timori, in attesa nel nuovo vertice di domani a Milano, iniziano a serpeggiare nel Movimento: "la Lega il nome ce l'ha ma lo tiene coperto per non bruciarlo - ipotizzano dall'inner circle di Di Maio - oppure sono in alto mare come noi". Ma la convinzione "è che non sarà questo il motivo di rottura". Tutt'altro, "la speranza è di chiudere già domani a Milano, anche se dura possiamo farcela".

Sembrerebbe messo da parte il nome di Giampiero Massolo, smentito dagli stessi vertici grillini, mentre in queste ore nel Palazzo si rincorrono boatos. Secondo fonti parlamentari del centrodestra, pur di uscire dall'impasse attuale, M5S avrebbe proposto a Salvini di fare un 'passo di lato' accettando di lasciare la premiership a Di Maio: in cambio la Lega otterrebbe un 'pacchetto' consistente di posti chiave, ovvero la 'vicepresidenza unica' o l'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con deleghe pesanti (in pole ci sarebbe Giancarlo Giorgetti) e alcuni ministeri determinanti (Economia, Esteri e Interni). Ma la partita dei ministeri è ancora più confusa, dipendendo a cascata dalla scelta del premier e dalla collocazione dei due leader.

Sono comunque tanti i dubbi che animano il Movimento sul nodo della premiership. Ecco perché in molti, nei piani alti del M5S, vorrebbero che tornasse in pista lo stesso Di Maio. Nella scuderia 5 Stelle - fuori Di Battista e Fico - non c'è alcun nome spendibile a detta dei vertici. Guardando all'esterno, brucia una campagna elettorale giocata tutta su un premier "votato dal popolo".

Senza contare che una figura troppo debole rischierebbe di tramutarsi in un premier 'fantoccio', ragionano nel Movimento, e un nome troppo forte potrebbe essere di difficile gestione. Soprattutto perché di 'uomini forti' il governo in gestazione ne ha già due, Di Maio e Salvini. Difficile dunque trovare il punto di equilibrio in una figura valida, "sarà lui a stringere la mano a Trump e a rappresentarci in Europa portando avanti le battaglie di un governo del cambiamento", osservano in casa M5S. E Di Maio e Salvini faticheranno non poco a trovare un punto di incontro ragionevole: "lo scoglio più grande è tutto qui, su chi andrà a Palazzo Chigi", confermano dal Movimento.

E la partita dei ministeri, a ben guardare, è legata a doppio nodo a quella della premiership: finché non sarà chiaro il ruolo dei due capi politici difficile riempire la caselle più importanti. Per i quali, stando ai rumors, resta in piedi l'ipotesi del vicepremierato e di due ministeri forti, presumibilmente Esteri (Di Maio) e Interni (Salvini).

Tra i nomi esterni che circolano in queste ore, tornano quelli dell'ex presidente dell'Istat ed ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini; agli Esteri, ammesso che la casella non venga occupata da Di Maio, il diplomatico Giampiero Massolo, che rumors volevano in corsa per la premiership, voce smentita seccamente dai 5 Stelle.

Tra le 'quote rosa' di un possibile governo giallo-verde, stando al toto-nomi di queste ore spiccano i nomi di Giulia Bongiorno e delle grilline Laura Castelli -unica donna al tavolo tecnico con il Carroccio- ed Emanuela Del Re. Per i ministeri dell'Economia e dello Sviluppo economico salgono le quotazioni di Armando Siri, teorico della flat tax, e Claudio Borghi, mentre l'uomo dei numeri del Movimento è Lorenzo Fioramonti, professore a Pretoria, fedelissimo di Di Maio che ha preparato il viaggio nella City del leader 5 Stelle.

Per il ministero del Lavoro, i 5 Stelle vedrebbero di buon occhio Pasquale Tridico, mentre un ruolo certo, nel governo ormai l'orizzonte, lo avrà Alfonso Bonafede, sempre in prima linea nei momenti più delicati del Movimento, chiamato anche a sbrogliare il difficile 'nodo Roma' nei giorni più difficili per il Campidoglio.

Mentre si guarda a un possibile ingresso di FdI, che 'cannibalizzerebbe' caselle in quota Lega, continuano a rincorrersi voci sui nomi che segneranno l'esecutivo M5S-Carroccio. Alla Difesa, in ambienti Lega, in molti guardano con favore a Giacomo Stucchi, già presidente del Copasir. Ruoli di peso nel governo che verrà potrebbero poi essere affidati al comasco Nicola Molteni -attuale presidente della commissione speciale- e a Raffaele Volpi, l'uomo che ha traghettato la Lega nel Meridione. All'Istruzione, ancora in piedi la candidatura del preside 'illuminato' Salvatore Giuliano, indicato da Di Maio nella squadra di governo presentata in pompa magna prima delle elezioni.

Per due ministeri minori, ma di peso politico alto, Riforme istituzionali e Rapporti con il Parlamento, in rampa di lancio ci sarebbero il 'veterano' della Lega Roberto Calderoli e il grillino Riccardo Fraccaro, nominato questore anziano della Camera e considerato altro uomo vicinissimo a Di Maio. Un ruolo nell'esecutivo potrebbe essere poi ritagliato anche per Vincenzo Spadafora, deputato grillino e consigliere del leader M5S, figura decisiva in queste ore di trattativa.

Lega-5S, domani nuovo incontro a Milano

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