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Regionali, Fi si lecca le ferite

22 settembre 2020 | 20.34
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Silenzio Berlusconi e nel partito si apre riflessione. Futuro incerto preoccupa, tra voci su resa conti interna e 'fughe'. Gelmini: "Ora aprire cantiere per recuperare energie migliori". Telefonata del Cav a Toti per complimentarsi

(Foto Afp)
(Foto Afp)

Il giorno dopo il flop in Campania e il risultato deludente nelle altre Regioni, Forza Italia si lecca le ferite e prova a rialzarsi, guardando al futuro. Il malumore è altissimo ma, come spesso capita in questi casi, quasi nessuno esce allo scoperto per esternarlo. Tanti deputati e senatori sfogano a mezza bocca la loro insofferenza, qualcuno è pronto persino a fare le valigie in attesa del momento più opportuno, ma nessuno apertis verbis dice quel che pensa.

Un copione già noto. Che si ripete ogni qualvolta il partito sbanda a un appuntamento elettorale. I numeri parlano chiaro: tranne il circa 9% in Puglia (è l'unica Regione infatti dove registra un dato accettabile) e il quasi 6% nella roccaforte rossa delle Marche, il movimento azzurro è precipitato ovunque, lasciando definitivamente il Nord nelle mani degli alleati, in particolare della Lega, che si conferma il primo partito della coalizione a livello nazionale.

Telefonata del Cav a Toti per complimentarsi

Il 'silenzio'di Silvio Berlusconi, in isolamento ad Arcore causa Covid, raccontano, parla più di ogni cosa. Forse qualcosa accadrà. A metterci la faccia, fino ad ora è Antonio Tajani. Tra gli azzurri prevale lo sconforto. Forse ci sarà qualche novità, ma pochi scommettono su un vero cambio di rotta. ''Chissà se davvero cambierà qualcosa'', sospira un berlusconiano della vecchia guardia, che pronostica una nuova 'traversata nel deserto'. Già si parla di resa dei conti interna. Il capogruppo alla Camera, Maria Stella Gelmini, tra i pochissimi azzurri a intervenire oggi, chiede di aprire ''una riflessione costruttiva sul rilancio di Fi".

Pure la senatrice Licia Ronzulli, prova a serrare i ranghi, ''dobbiamo andare avanti'', partendo dalla Puglia ''dove abbiamo ottenuto il risultato migliore ed eletto 4 consiglieri''. Secondo Gelmini bisogna ''valorizzare la vocazione liberale, riformista ed europeista del nostro movimento, senza ambiguità a sinistra, consapevoli che senza un partito in salute e presidio dell'area di centro l'alleanza non vince". Da qui la necessità di ''un cantiere che punti al recupero delle energie migliori e competenti presenti nel Paese'' per "rimetterci in linea con le aspettative degli elettori, attraverso la valorizzazione di tutte le forze del partito, con un confronto più ampio e inclusivo".

Ronzulli sottolinea: ''Nessuno dovrà rimanere indietro e tutti dovranno fare parte del progetto di Fi, partendo dalla Puglia. Bisogna andare avanti così, puntando sulla presenza nei territori che troppe volte abbiamo lasciato scoperto e sull'ascolto delle gente, linfa vitale per un partito". E ancora: ''dobbiamo lavorare sodo per restituire fiducia ai nostri elettori, senza sprecare energie in beghe di palazzo che non fanno altro che distoglierci dall'obiettivo principale: far crescere Forza Italia''.

Intanto, si contano ancora i dati, si consultano le percentuali. C'è chi preferisce fare raffronti con le ultime europee del 2020, ma chi, invece, si rapporta alle precedenti regionali del 205, il paragone è impietoso: nella stessa Puglia 5 anni fa gli azzurri si attestavano all'11%, mentre nelle Marche viaggiavano al 9,40%. Nel Veneto del bis di Luca Zaia, il movimento forzista crolla al 3,56% rispetto al 5,97 precedente e le cose non vanno meglio nella Liguria dell'ex consigliere politico del Cav, Giovanni Toti, dove Fi precipita dal 12,66 % del 2015 al 5,27%.

Campania infelix per Fi, ma anche per tutto il centrodestra: nessuno, infatti, supera il 6 per cento (anche se Fdi sfiora quel dato, incrementando di qualche frazione di punto i consensi di 5 anni fa). Per Fi all'ombra del Vesuvio si consuma un vero flop rispetto al passato: il candidato governatore azzurro Stefano Caldoro viene travolto da Vincenzo De Luca e il partito precipita a poco più del 5% rispetto al 17,82% del 2015 che faceva ben sperare per il futuro. Con il 5,98% Giorgia Meloni non si discosta dal precedente 5,47%, mentre la Lega proprio non sfonda e resta incagliata a un 5,64%, che non fa ben presagire per una Lega nazionale come si aspettava il 'Capitano'.

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