Londra, 10 apr. (Adnkronos Salute) - E' una vecchia conoscenza di tutte le mamme, un alleato contro l'influenza dei loro bimbi. Ma il paracetamolo ha anche un lato 'oscuro': da blando analgesico comunemente usato contro mal di testa e dolori di vario tipo può trasformarsi in un nemico del fegato, se utilizzato in maniera impropria, cioè in sovradosaggio o associato all'alcol. Tanto che nel Regno Unito gli avvelenamenti da paracetamolo sono, secondo gli esperti, la causa più comune di insufficienza epatica acuta: si stima che provochino da 150 a 200 morti e rendano necessari 15-20 trapianti di fegato ogni anno in Inghilterra e Galles. E proprio dalla Gran Bretagna arriva un nuovo modello predittivo che può contribuire a migliorare la sopravvivenza delle 'vittime' dell'insufficienza epatica da paracetamolo.
Si tratta di un metodo in grado di calcolare il rischio di mortalità personalizzato per questi pazienti e di identificare meglio i candidati al trapianto di fegato, migliorando potenzialmente così i tassi di sopravvivenza. Nuovi dati sono stati presentati oggi a Londra, dove è in corso l'International Liver Congress 2014 dell'Easl, l'associazione europea per lo studio del fegato. Il trapianto, spiegano gli scienziati, è il trattamento definitivo per i pazienti che rispondono ai criteri previsti, ma gli attuali strumenti di selezione non valutano i cambiamenti prognostici nel tempo né quantificano il rischio di mortalità individuale. Gli esperti del King's College Hospital di Londra e della Foundation for Liver Research hanno studiato un ampio gruppo di pazienti (500) con insufficienza epatica acuta correlata al paracetamolo e hanno sviluppato e validato un nuovo modello basato su una metodologia in grado di generare una predizione personalizzata del rischio di mortalità in assenza di trapianto. (segue)