(Adnkronos Salute) - L'associazione medica "riteneva erroneamente che tali dati fossero anonimi e che, quindi, non fossero necessarie misure e precauzioni a tutela della privacy delle persone in cura", si legge nella newsletter del Garante. Questi ha accertato invece che i dati trasmessi dalle strutture territoriali, pur non contenendo il nominativo degli interessati, riportavano numerose informazioni che rendevano comunque identificabili i malati (codice paziente, data di nascita, codice della malattia) nonché numerosi dati sensibili (come i risultati degli esami clinici e le patologie in corso).
Il Garante, nel sottolineare l'importanza della ricerca scientifica, ha ribadito tuttavia che essa "non può essere condotta senza adottare adeguate misure a tutela della riservatezza dei malati". L'Autorità ha quindi vietato all’associazione di nefrologia di continuare a trattare i dati personali dei malati se prima non avrà provveduto ad acquisire il loro consenso informato e adottato adeguate misure di sicurezza per proteggere i dati da accessi indebiti. In alternativa, l'associazione potrà acquisire dai centri dialisi solo dati "effettivamente anonimi", quindi non più riferibili a singoli malati. Sono in corso accertamenti avviati dall'Autorità sulle strutture pubbliche territoriali che hanno condiviso i dati dei registri di dialisi e trapianto con centri privati.