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Ricerca: il cervello 'rientrato', Italia superi sistema borbonico dei concorsi

22 settembre 2014 | 15.33
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La ricetta del neuroscienziato Davide Zoccolan, tornato in patria dopo un'esperienza a Boston

Davide Zoccolan
Davide Zoccolan

"Per favorire la ricerca in Italia bisogna potenziare le politiche di recruitment e mettere al primo posto la premialità". Questa la ricetta che Davide Zoccolan, neuroscienziato della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste, 'cervello in fuga' rientrato in Italia da Boston nel 2009, suggerisce al premier Renzi in visita alla Silicon Valley.

"Sarebbe utile eliminare - spiega a Labitalia - il concorso universitario, un sistema borbonico per il quale si selezionano ricercatori e docenti solamente all'ingresso, secondo una logica di apparente oggettività (ma in realtà facilmente manipolabile)".

"Al contrario - auspica Zoccolan - si dovrebbe puntare sulla premialità, assegnando i fondi agli atenei sulle base della loro produttività scientifica, premiando, in questo modo, gli istituti che assumono gli scienziati migliori, ricercandoli attivamente sul 'mercato' internazionale (in modo da incrementare la qualità' del loro corpo docente) e penalizzando invece quegli atenei che seguono logiche poco virtuose, localiste e nepotistiche nel rinnovo del loro personale scientifico".

"Tutto questo potrebbe essere implementato facilmente - avverte - importando dal mondo accademico anglo-americano il sistema della 'tenute track', un periodo variabile dai 5 ai 7 anni durante il quale un ricercatore-docente neoassunto (a tempo determinato) deve dimostrare il suo valore per meritarsi, alla fine di questo periodo di prova, l'inquadramento nel personal docente a tempo indeterminato (la tenure, per l'appunto), previa valutazione rigorosa della sua produzione scientifica".

"Ho sempre desiderato rientrare in Italia - ammette - anche se doveva crearsi un'occasione molto valida per lasciare Boston. E così è stato, partecipando al bando di concorso della Sissa che mi ha offerto la possibilità di trovare i primi fondi per realizzare un laboratorio di ricerca. Tornare in Italia era importante, per me significa dare un contributo alla ricerca del mio Paese".

"Fortunatamente ho avuto - sottolinea - l'opportunità di farlo, ma conosco molti colleghi italiani che lavorano all'estero i quali vorrebbero tornare, ma non possono farlo. Speriamo che la ricerca italiana cambi il passo e che il mio rientro non sia solo un'eccezione".

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