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Ricerca: 'matrici' riparano lesioni difficili, futuro e' reale in Italia

06 marzo 2014 | 13.42
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Roma, 6 mar. (Adnkronos Salute) - Il futuro è già realtà in alcuni centri italiani che si occupano di rigenerazione dei tessuti, a Roma e Torino per esempio. Dove è previsto l'impiego di 'impalcature' biologiche (matrici dermiche), contenenti cellule o fattori di crescita, che sono una delle nuove frontiere della medicina rigenerativa. Le possibilità legate a questa nuova tecnologia sono al centro dell'intervento di Marco Fraccalvieri, chirurgo plastico di Torino, al V Congresso Co.r.te. (Conferenza italiana per lo studio e la ricerca sulle ulcere, piaghe, ferite e la riparazione tessutale), in corso a Roma

La copertura efficace e stabile di una perdita di tessuti rimane per il chirurgo un problema di non facile soluzione, in particolare quando si tratta degli arti inferiori. "Una delle ultime novità in tema di trattamento è rappresentato dall'impiego delle matrici dermiche nella copertura di lesioni complicate a carico delle estremità", dice l'esperto sottolineando che per complicate si intendono, per esempio, le lesioni che lasciano esposte tessuti nobili (osso, tendini) o le ferite croniche. "Le matrici dermiche vengono suddivise in due differenti gruppi: quelle derivate da prodotti cellulari 'vivi' (da tessuti umani) e quelle acellulari, di derivazione biologica (umana, animale), chimica o composta (biologica + chimica).

"Le matrici dermiche - sottolinea Fraccalvieri - non sono sostituti di innesti cutanei, ma presidi che hanno lo scopo di interagire dinamicamente con il 'letto' ricevente, promuovendo la rigenerazione tissutale e la chiusura della ferita". E' importante, aggiunge l'esperto, "conoscere le caratteristiche di ogni matrice dermica impiegata, al fine di adattarla al caso particolare che si prefigge di curare". Le matrici dermiche vengono già impiegate nella pratica clinica presso alcuni centri di chirurgia plastica italiani, come quello diretto da Nicolò Scuderi dell'università Sapienza di Roma o quello diretto da Stefano Bruschi dell'università di Torino.

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