
L'ex presidente del Senato: "Dopo la crisi dei partiti la democrazia parlamentare ha fatto il suo tempo" e l'autonomia differenziata "confligge con il principio di uguaglianza"
Procedono le consultazioni del ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa Elisabetta Casellati dedicate questa settimana agli incontri con i partiti d'opposizione, venerdì prossimo l'ultimo con il Movimento 5 stelle. "Il presidenzialismo è una riforma opportuna e deve essere tempestiva. Credo che questo sia un punto su cui la stragrande maggioranza dei politici è d'accordo", commenta all'Adnkronos Carlo Scognamiglio, ex presidente del Senato, dicendosi certo di un fatto: "La formula della democrazia parlamentare ha fatto il suo tempo. Dalla crisi del sistema dei partiti, 30 anni fa, è venuta una repubblica di partiti senza partiti, quindi una riforma rafforzativa dei poteri dell'esecutivo non mi pare che sia una soluzione da non prendere in considerazione per motivi di diffidenza democratica".
Al di la della quasi collegiale consapevolezza dell'urgenza di una riforma in senso presidenziale tra le forze di maggioranza, così come quelle d'opposizione e delle specifiche proposte, "il semi-presidenzialismo alla francese o il premierato in un modo o nell'altro sono equivalenti. Il premierato con l'elezione diretta del premier corrisponde al sistema francese. Si differenziano però perché nel caso del premierato l'elezione del presidente della Repubblica non sarebbe diretta.
Questa potrebbe essere una mediazione", afferma Scognamiglio rimarcando che "è sul come, però, che le difficoltà non saranno piccole. Una soluzione di questo genere fatta con il concorso del Parlamento è certamente difficile; tutti i tentativi passati dalla commissione Bozzi, alla bicamerale di D'Alema o quella di De Mita sono falliti perché difficilmente il Parlamento consente spontaneamente di ridurre le proprie prerogative e posizioni nei confronti esecutivo".
Secondo l'ex presidente del Senato, la riforma potrebbe essere attuata attraverso una "bicamerale redigente, cioè con il potere di redigere un progetto, non solo vararne uno già approvato", che "riserverebbe comunque al Parlamento un ruolo di protagonista nella stesura delle riforme, anche se non sono esclusi gli inconvenienti che si sono verificati in passato". "Una assemblea costituente, che sarebbe preferibile da un punto di vista democratico, è anche imprevedibile", rileva.
Al di là del modo e della forma il Parlamento dovrà comunque accettare "una riduzione dei confini, perché con una qualsiasi riforma in senso presidenziale i suoi poteri effettivi saranno ridotti - ricorda - Non è più il Parlamento ad eleggere il presidente del Consiglio e il suo esecutivo e potrebbe anche non eleggere più il Capo dello Stato".
Sull'altare delle riforme del governo Meloni c'è anche l'Autonomia differenziata: "Non so cosa significhi - risponde a conclusione del colloquio con l'Adnkronos l'ex presidente del Senato - Ma posso dire che salvo il caso delle regioni a statuto speciale, una differenziazione delle autonomie regionali sarebbe in conflitto con il principio della uguaglianza di fronte alla legge, che è uno dei principi formatori della nostra Costituzione". (di Roberta Lanzara)