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Rinnovabili, aziende chiedono a governo continuità

07 giugno 2018 | 16.48
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 - pixarno - Fotolia
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Continuità con le politiche energetiche adottate sin qui nel campo delle rinnovabili e semplificazione degli iter autorizzativi. Questo, in sintesi estrema, chiedono gli operatori al nuovo governo che, con la fiducia accordata ieri anche alla Camera, è ora nel pieno delle sue funzioni. Certo, vi è la consapevolezza da parte di tutti che serve del tempo per acquisire familiarità con argomenti e strumenti da parte dei nuovi responsabili dell'esecutivo. Ma contemporaneamente anche la certezza che è bene dare continuità a certe misure e che sarebbe bene non destrutturare l'operatività dei dicasteri sostituendo alcune figure che ben conoscono la materia con altre nuove per non perdere comunque ulteriore tempo. Visto che si attendono decreti per il settore che per alcuni sono essenziali per l'operatività.

Per Gianfilippo Mancini, amministratore delegato di Sorgenia, "il futuro energetico in Italia deve andare nella direzione delle rinnovabili" e "uno dei principali obiettivi per questo nuovo governo" deve essere "la progressiva eliminazione delle principali fonti di emissione di Co2, a partire dal carbone". "Il fatto che manchino i decreti attuativi - spiega all'AdnKronos - non può preoccuparmi ora perché il Governo si è appena insediato, e sono fiducioso che nell’ordine delle priorità quello sulle fonti rinnovabili sarà uno dei primi tavoli che verranno aperti".

Un settore "strategico" quello delle energie rinnovabili, soprattutto se - sottolinea Leonardo Rinaldi, presidente di Agatos, si guarda a Paesi come la Cina dove "poco prima che il governo italiano a novembre emanasse la Sen, a ottobre dello scorso anno la State Grid Corporation of China, che è l'equivalente delle nostre Enel/Terna, ha lanciato un piano di investimento da trentamila miliardi di dollari, equivalente a circa 15 volte il nostro debito pubblico. Con l'obiettivo ben preciso, da qua al 2030, di produrre e distribuire almeno il 90% del fabbisogno energetico mondiale, basandosi proprio sulle tecnologie rinnovabili e dunque in primis sul fotovoltaico e sull'eolico ed hanno iniziato a dare concretezza a questo piano con il progetto di un elettrodotto ad alta capacità che, sulla Via della Seta colleghi la Cina con l'Italia". E non bisogna nascondere che "chi detiene il controllo dell'energia di un Paese tiene in mano l'economia e, di conseguenza, il Paese stesso".

Per Rinaldi "il problema non è il flusso migratorio di pochi nordafricani disperati per la guerra che vengono da noi. Questa è una operazione, dal punto di vista della tutela del Paese, molto più importante. E’ veramente strategico che il 'punto 4'" del contratto di governo "non rimanga una dichiarazione di intenti, ma che venga data coerenza e concretezza al progetto".

"Credo che il clima generale sia positivo per l'industria delle rinnovabili e l'Italia non fa eccezione" evidenzia Toni Volpe, amministratore delegato di Falck Renewables, che esprime ottimismo circa il futuro prossimo venturo del settore. Sostanzialmente per due ordini di condizioni. La prima che si tratta di un settore che ormai sta in piedi da solo e che sopperisce a eventuali 'carenze' di una controparte statale trovando risorse nel mercato. In secondo luogo perché, per quanto riguarda l'Italia, il contratto del neonato governo dichiara interesse e volontà di sostenere il comparto. "E' assolutamente normale, da un certo punto di vista, che in una fase di transizione, con un governo che per altro ha impiegato quasi 90 giorni a formarsi, alcune cose rallentino. Il decreto che riguarda le tecnologie mature - osserva - è in una fase abbastanza avanzata, manca lo step con l'Europa per l'approvazione finale, ma il punto è capire se il nuovo governo condivide l'approccio metodologico che è stato dato dal governo precedente"

Per Pierluigi Tortora, amministratore delegato di Plt Energia, nota che "per un'azione di governo integrata ci vuole tempo". Questo si potrebbe, per esempio, risparmiare se "lasciassero i ministeri come sono", con la attuale struttura organizzativa. "Modificarla è legittimo, però poi - fa notare - bisogna dare tempo ai nuovi di capire dove vogliono andare, quale è la strategia energetica nazionale. Di sicuro, "serve un'azione forte sugli iter autorizzativi". "La continuità è auspicabile. Però, se c'è un'azione forte sugli iter autorizzativi, gli operatori gettano il cuore oltre l'ostacolo" sottolinea spiegando che "chiedere iter autorizzativi agevolati non significa volere fare le cose al di fuori dalle regole. Ma in Italia non possono essere necessari 10 anni per un impianto". E dieci anni significa "costi". Se si interviene sugli iter autorizzativi, anche nelle operazioni di "revamping, allora - assicura - gli operatori investono".

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