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Roma, in piazza gli storici venditori di souvenir: "Marino ci manda via, 250 famiglie sul lastrico"

24 settembre 2014 | 20.01
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Gli urtisti protestano a piazza di Spagna contro il divieto di continuare a svolgere la loro professione vicino ai monumenti di Roma

Roma, in piazza gli storici venditori di souvenir:

Gli urtisti, storici venditori di souvenir delle più antiche famiglie di ebrei romani, sono scesi in piazza per protestare contro il divieto di continuare a svolgere la loro professione vicino ai monumenti di Roma. La protesta si è svolta a piazza di Spagna, nel cuore della Capitale. ''Dopo 150 anni di storia il sindaco Marino ha deciso di mandarci via'', hanno scritto su uno striscione. ''Rischiano di finire sul lastrico circa 250 famiglie, che vivono di questo lavoro'', dice all'Adnkronos Giovanni Sermoneta. ''Abbiamo 112 licenze e con ognuna di queste lavorano due famiglie - spiega - per un totale di 250 famiglie che finiranno sul lastrico. Ci hanno proposto di fare un mercatino a via di San Gregorio, ma noi non siamo intenzionati a lasciare le nostre postazioni''.

''C'è una determinazione dirigenziale del Comune di Roma che prende atto della richiesta della Soprintendenza di lasciare le zone di Colosseo, piazza Venezia, Fori Imperiali, Campidoglio e Tridente libere da postazioni commerciali - sottolinea - Noi vendiamo oggetti ricordo, souvenir, come si può pensare di farci lavorare in altre zone. Non stare in queste zone non ha senso, è assurdo. Il tutto avviene senza neanche aprire un tavolo di discussione. Abbiamo chiesto anche un incontro con l'assessore Leonori ma siamo stati ignorati''.

In totale ci sono 63 postazioni che si trovano nelle aree a ridosso dei monumenti e 49 che invece sono più distanti. ''Noi dell'A1 - spiega Sermoneta - operiamo su 35 postazioni a turno mentre per l'A2 ce ne sono circa 25. Lavoriamo la metà dei giorni dell'anno, 180 giorni circa, e riusciamo a sopravvivere anche se è un periodo di crisi''.

''Ci impongono questo divieto senza calcolare la storicità delle licenze, che risalgono alla prima metà dell'Ottocento - racconta Gianni Sermoneta - Le licenze vennero date con una bolla papale. La religione ebraica vietava la vendita di oggetti religiosi e lo Stato Pontificio diede agli ebrei le licenze per vendere rosari ai pellegrini''.

''Così si è creata questa tradizione che è andata avanti fino alle leggi razziali del '38 - aggiunge - Le licenze sono state istituzionalizzate di nuovo nel 1948. L'attività è ripresa fino al 1986-87 quando il decreto Galasso ci ha tolto l'occupazione di suolo pubblico, reintrodotta con il decreto Galasso Bis.

''Gli unici ad avere la licenza eravamo noi, i fiorai e le edicole - aggiunge - Ciò nonostante Roma è stata un fiorire di bancarelle in tutti i punti più impensabili. Oggi ci sono fiorai che vendono souvenir e loro possono rimanere mentre noi dobbiamo andare via''.

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