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Rosatellum bis, tornano le 'civette'

08 ottobre 2017 | 13.17
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

Con il 'Rosatellum bis' tornano in auge le cosiddette liste civetta. Inventate da Benito Mussolini nel '24 (allora erano chiamate 'liste di disturbo') per sottrarre voti alle forze di opposizione capaci di insidiare la vittoria fascista e utilizzate dalle coalizioni maggiori negli anni '90 per aggirare lo 'scorporo' (il meccanismo sgradito del Mattarellum), oggi sono destinate a proliferare, sotto forma per lo più di 'civiche', nel sistema tripolare formato da centrodestra, centrosinistra e grillini. L'obiettivo è sempre lo stesso: drenare voti, rimpinguando così il bottino di seggi degli schieramenti più grandi.

Lo stratagemma della 'civetta' è uno dei capisaldi della nuova riforma elettorale frutto dell'accordo a quattro Pd-Fi-Lega-Ap raggiunto in commissione Affari costituzionali di Montecitorio e attesa in Aula il 10 ottobre, alla Camera. Secondo il testo che prende il nome dal capogruppo piddino Ettore Rosato, i voti dei partiti che superano l'1 per cento ma non lo sbarramento del 3% vengono assegnati alla coalizione collegata.

Alla vigilia delle regionali in Sicilia del 5 novembre e delle politiche (marzo-aprile), potrebbero spuntare varie 'liste acchiappa consenso', come accaduto nel '93 (all'esordio del maggioritario) e nel '96 (ai tempi dell'Ulivo). A fare da apripista Silvio Berlusconi: basti pensare alla sua nuova creatura 'Rivoluzione Italia' o al movimento animalista dell'azzurra Michela Vittoria Brambilla. Molte, però, restano le incognite sul ricorso a questo espediente. L'avvocato amministrativista Felice Besostri avverte all'Adnkronos: ''Le liste civetta, se sono totalmente inventate come quelle del Mattarellum, non hanno alcuna possibilità di influire sul risultato elettorale".

Le 'civette', dunque, sono liste elettorali non etichettabili con simboli o colori di partito perché respingono una paternità politica e vengono concepite essenzialmente non per vincere la competizione ma per distrarre voti, intercettando la sensibilità delle categorie più disparate, dagli animalisti appunto, ai pensionati. Tant'è che quando sono nate, negli anni Novanta, contraddicevano lo spirito della legge (il Mattarellum), che era quello di premiare le forze minori, ma non la lettera: nulla vietava di collegare i candidati a qualsiasi tipo di lista.

Allo stato, potrebbero essere utili. Il condizionale, però, è d'obbligo: possono rivelarsi anche un'arma elettorale a doppio taglio. E' vero che favoriscono le coalizione maggiori, a danno dei partiti che non si aggregano nei tre principali schieramenti politici, ma restano alcune incognite.

Besostri, considerato 'l'affossatore' delle leggi elettorali (dal Porcellum all'Italicum a quelle delle regioni Lombardia, Umbria e Campania) e attuale coordinatore dei gruppi di avvocati anti-Italicum, mette in guardia dai possibili rischi: ''Le liste civetta, se sono totalmente inventate come quelle del Mattarellum, non hanno alcuna possibilità di influire sul risultato elettorale, perché non si conteggiano i voti delle liste che restano al di sotto dell'1 per cento ai fini della coalizione. E anche quelle superiori all'1% ma inferiori al 3% non hanno diritto ad avere seggi''.

Se le 'civette' riescono a fare almeno l'uno per cento possono rimpinguare il bottino dei seggi? ''Certo, ma solo se fanno almeno l'uno per cento", replica Besostri. Alla fine della fiera, conviene o no presentarle alle prossime politiche? ''Se uno ne mette tante... Ma il problema - avverte - è che uno più ne mette, meno possibilità ci sono che la lista civetta raggiunga l'1 per cento''. Nel maggio 2001, per esempio, si trasformarono in una beffa per Forza Italia, visto che stavano per costare agli uomini di Berlusconi dai 14 ai 16 seggi.

Sono state soprannominate anche, alle volte, 'liste del campanile' (come nell'85) perché si richiamano agli interessi più immediati, alle questioni di carattere per lo più strettamente locale, delle quali il campanile è un simbolo. C'è chi ricorda quella del 'Melone', a Trieste, considerata tra le più note. Di certo, le 'civette' sono state sempre denigrate e considerate un vero e proprio trucco elettorale. Della serie, come recita un celebre proverbio, 'fatta la legge, trovato l'inganno'.

Si tratta in pratica di un sistema che permette di collegare nei collegi uninominali dove c'è un candidato vincente lo stesso candidato, non alla lista della coalizione, che lo sostiene, ma a un'altra lista creata per l'occasione. Una volta, ai tempi del Mattarellum, le coalizioni maggiori collegavano alle liste civetta la maggior parte dei candidati nei collegi uninominali, sicure che i voti dello scorporo non le avrebbero penalizzate, perché andavano a confluire sui partiti che non superavano comunque la soglia di sbarramento del 4%. Molti ricordano il caso di Rifondazione comunista nel '96, che accusò i Comunisti italiani (non in grado di superare lo sbarramento) di essere utilizzati come liste civetta dall'Ulivo.

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