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"Rostagno irritava boss come Impastato"

22 marzo 2019 | 10.12
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(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

Mauro Rostagno "creava fastidio al boss Agate allo stesso modo con il quale Peppino Impastato aveva infastidito Gaetano Badalamenti: vale a dire al punto da indurlo a decretarne la sua soppressione". E' quanto emerge dalla sentenza con la quale nel febbraio 2018 la Corte d'assise d'appello di Palermo aveva condannato il boss Vincenzo Virga e assolto Vito Mazzara. I giudici ricordano le parole del pentito di mafia Francesco Marino Mannoia.

A più di un anno di distanza dalla sentenza, emessa il 19 febbraio 2018 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo, sono state depositate le motivazioni per le quali è stato confermato l'ergastolo per il capomafia di Trapani Virga ed è stato assolto, in riforma alla sentenza di primo grado, il boss mafioso Mazzara, per l'omicidio del sociologo, ucciso il 26 settembre del 1988. In 451 pagine vengono spiegati dai giudici della Corte d'assise i motivi della decisione.

"Il Dna esaminato era estremamente frazionato, labile, datato nel tempo, contaminato dalle persone e dalle manipolazioni anche con materiali chimici e siliconici e, inoltre, in quantità infinitesimale al punto che per essere esaminato era stato necessario procedere all'amplificazione": troppe dunque le incertezze sul Dna del killer che ha sparato. "Gli esiti degli accertamenti eseguiti sulle tracce di Dna rinvenute sui frammenti di fucile impiegato per l'omicidio di Rostagno - scrivono i giudici - a giudizio della Corte non consentono di pervenire a conclusioni dirimenti e perciò rasserenanti né a formulare diagnosi positive sulla possibilità di pervenirvi con gli ulteriori approfondimenti istruttori chiesti dalle difese".

"Per il collegio è evidente che il fatto che l'omicidio di Mauro Rostagno fosse stato sicuramente deliberato da Cosa nostra e che quando venne commesso Vincenzo Virga fosse saldamente a capo del mandamento di Trapani costituisce un considerevole elemento sintomatico della partecipazione dell'imputato all'omicidio", scrivono ancora i giudici della Corte d'assise d'appello di Palermo.

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