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Russia, Schulmann: "Con guerra macchina Stato in tilt e società si guarda in specchio rotto"

12 maggio 2023 | 15.38
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"L'operazione militare è stata definita speciale, come le Olimpiadi, perché è quello che l'apparato sa fare bene. Non combattere una guerra diretta. Il sistema politico non è ancora totalitarismo, ma autocrazia personale in trasformazione. Lo Stato sta acquistando il consenso con denaro e benefici. Il fattore tempo è cruciale"

Russia, Schulmann:

La società in Russia "non è in uno stato normale, ma è al punto massimo della sua psicosi". I russi dicono di vivere in un Paese libero, ma gli autori più venduti sono Viktor Frankl, Kafka e Orwell. Esprimono ottimismo sul fronte economico e non risparmiano, ma i consumi sono in calo. Si descrivono orgogliosi del loro Paese, ma anche ansiosi. "Le risposte semplici non funzionano per spiegare cosa accade". Riassume così Ekaterina Schulmann, politologa russa, ex commentatrice di Radio Ekho Moskva, nel Consiglio per i diritti umani del Cremlino fra il 2018 e il 2019, la "situazione complessa" del Paese.

"Le contraddizioni sono costanti. La società si guarda in uno specchio rotto. Non si conosce affatto, nutre illusioni. Non c'è legame fra le opinioni espresse e i comportamenti", aggiunge Schulmann che dopo l'inizio della guerra, da Mosca si è trasferita a Berlino, dove è fellow alla Robert Bosch Academy. E la macchina dello Stato, riassume, ha capacità e obiettivi diversi da quelli utili alla guerra. Sa organizzare parate militari, operazioni speciali ma non una guerra diretta e una reale mobilitazione popolare in una società depoliticizzata da vent'anni.

In una recente conferenza a SciencesPo a Parigi, introdotta dall'economista Sergei Guriev, 'agente straniero' in Russia come lei, ma in Francia dal 2013, Schulmann ha presentato una analisi approfondita del funzionamento della macchina dello Stato e dell'andamento dell'opinione pubblica in Russia in questi mesi, due elementi necessari per spiegare la situazione politica del Paese, il cui sistema politico è ancora una "autocrazia personale che sta cercando di trasformarsi in totalitarismo". Un processo "non facile", meno facile, per esempio, che passare da una democrazia debole a un totalitarismo. Per trasformare un regime, aggiunge, serve una ideologia, un partito che la organizzazione che la attui, e molti giovani. "Non è ancora il caso in cui si trova la Russia, dove il sistema politico tende a preservarsi così come è, anche se questo obiettivo è in contraddizione con quello militare".

"Non siamo ancora lì, quindi. Non c'è stata una trasformazione in questo senso, né nello stato, né nella società", sottolinea Schulmann, autrice del ideatrice del concetto di 'culto del cargo invertito'. Se con culto del cargo si indica la situazione in cui ti accorgi che il tuo aereo di sabbia non vola, la sua inversione è invece quando, dopo che ti sei accordo che il tuo aereo di sabbia non funziona, pensi che anche gli aerei veri rimangano a terra. Ed è stato chiaramente coniato per indicare il modo in cui la "democrazia Poteomkin" in Russia continua a criticare quelle occidentali.

Il primo punto che emerge, dall'analisi effettuata sulla base di dati aperti e incrociati è l'aumento in modo significativo, già a partire dal 2014, del numero di funzionari pubblici diretti e indiretti, incluso quindi chi lavora per le grandi aziende pubbliche, in modo particolare a livello locale. Dopo il 2011, dopo le proteste e quello che è stato percepito come un tentativo di cambio di regime, il sistema politico russo è sopravvissuto grazie alle repressioni, dalla Piazza Bolotnaya in poi, "e all'estensione e al rafforzamento della base di supporto", con l'annessione della Crimea - che ha assicurato tre anni di euforia nel pubblico- e con un aumento delle persone che lavorano per lo Stato, che grazie allo Stato possono contare su una situazione stabile e sicura.

La classe media, giornalisti, insegnanti e dipendenti delle aziende pubbliche, lavora quindi per lo Stato e allo Stato, che dal 2010 è diventato un datore di lavoro molto importante, è leale. Per gli altri, sono arrivati pagamenti dallo Stato "che da quando è iniziata la guerra non ha mai distribuito così tanto denaro". Nel 2022 il livello di povertà è sceso. Le pensioni sono state indicizzate, sono stati estesi gli assegni alle famiglie con bambini, non più solo a quelle bisognose. "Le autorità stanno acquistando lealtà", sottolinea la politologa. L'idea è questa: "c'è la guerra ma non c'è la guerra, che è fatta da persone speciali. Se vuoi esserlo anche tu, ti paghiamo e tuo figlio potrà entrare in qualsiasi università senza esami. Magari non sopravvivi, ma la tua famiglia sì", afferma l'autrice del fortunato testo "Scienze politiche pratiche".

"La stessa operazione militare speciale doveva funzionare proprio, e solo, in quanto speciale, veloce e facile da mostrare in televisione. Come le Olimpiadi o le parate militari, quanto la Russia sa fare meglio. Per questo è stata definita in questo modo. Non poteva avere successo se non come speciale. Con il prolungarsi e il normalizzarsi della guerra, il Paese è finito in una situazione che non era preparato ad affrontare. E ora l''intero sistema, non solo lo Stato ma l'intero modello politico, cerca di pretendere che non sia accaduto un granché, che le cose vanno come al solito, anche se, invia un altro messaggio che è quello che bisogna fare di tutto per la vittoria", aggiunge Schulmann, sottolineando l'ennesima contraddizione. I grandi eventi straordinari, come anche la macroeconomia, le banche, è quello che la macchina dello Stato è riuscita a far funzionare bene. I settori che sembrano seguire meno le direttive del governo, i più reticenti - come emerge da statistiche del 2020 richieste e pubblicate dal Premier Mikhail Mishustin- sono quelli che girano meglio, appunto, le finanze, lo sviluppo economico, il commercio. Quelli invece più diligenti, l'Agenzia spaziale, il ministero della Giustizia e quello della Difesa, sono i meno performanti, elenca l'analista denunciando la "strana correlazione".

Per capire l'importanza che in Russia riveste la macchina dello Stato, Schulmann ricorda che "il potere in Russia appartiene alla burocrazia, e da molto tempo prima delle Rivoluzione". "La nobiltà non si basa sulla nascita, ma sull'efficienza del rango, il potere del rango che può essere dato o sottratto, cosa che dà molto potere all'autorità centrale. Non ci sono eminenze o favoriti. In Unione sovietica, si parlava di nomenklatura. Nella Russia contemporanea, il potere continua ad appartenere a questa stessa burocrazia, a livello Federale, regionale e locale. Civili o siloviki, apparatchik, esponenti di governo, dei ministeri, delle banche di stato, chi non ha un incarico ufficiale, come gli oligarchi che sono tutti "campioni dell'approvvigionamento di Stato". E' fra l'altro proprio questa la differenza con i magnati del periodo eltsiniano: chi ha rango ora, non possiede nulla ma vende qualcosa allo Stato".

"In questo momento, si sta sviluppando una ideologia, con pezzetti della storia precedente piuttosto che del vecchio sistema ideologico. Ed è l'ideologia, non la repressione, un elemento fondamentale del totalitarismo. Serve a questo sistema anche una organizzazione ideologica, un partito o altro, che trasmetta alla gente questa ideologia. Quanto di più vicino alla trasformazione totalitaria in Russia ora "è l'ideologizzazione dell'istruzione secondaria. E qui, il fattore tempo è cruciale". "Se lo status quo dura otto-dieci anni, se si riesce a educare un intero ciclo scolastico in questa situazione, a convincere questi ragazzi che il mondo è così, allora ci sarà una nuova generazione di burocrati che non conoscono altro che questo sistema e possono generare una ideologia".

"In un regime totalitario si parla di sterminio, per quello che sei. In quello autoritario di intimidazione, per quello che fai, o che loro pensano che tu faccia. Nel primo caso c'è una visione del futuro, chiunque sia ostacolo a questo paradiso deve essere sterminato perché l'obiettivo deve essere raggiunto. L'autocrazia invece ha come obiettivo quello di mantenere il potere e vendere un futuro di stabilità", chiarisce Schulmann, per spiegare il motivo per cui la Russia è ancora una autocrazia e l'attrito al cambiamento.

"C'è quindi in Russia una distanza netta fra apparenza e realtà. Con l'inizio della guerra, si è visto che hanno fallito, nel creare e dare un messaggio coerente, coloro che si sono più identificati con lo Stato e per cui lo Stato ha speso di più, il Gru, l'Fsb, i militari e la propaganda che ha avuto successo nel primo mese di operazione ma che dall'estate scorsa non riusce più a creare un messaggio". Mentre i pezzi della macchina dello Stato che si sono dimostrati più resilienti ed efficaci sono quelle che venivano considerate come pro occidentali, il blocco finanziario, i liberali, la burocrazia civile, grazie alla loro grande adattabilità".

Sta cambiando anche il sistema dell'informazione, ma anche in questo caso sembra che nessuno se ne accorga. Dal 2016 le televisioni di Stato hanno perso audience -a parte il picco raggiunto nelle prime settimane dell'operazione speciale- in seguito allo sgretolarsi del consenso per l'annessione della Crimea, aumenta l'età dell'audience e cala il livello di fiducia nelle televisioni. Ma non è stato fatto nulla per cambiare il format, i giornalisti, gli argomenti. Nulla è cambiato. "Questo significa che è una operazione diretta a un solo uomo a cui continua ad andare bene". Aumenta l'informazione sui media online, ed è aumentato molto l'uso di Telegram come fonte di informazione, oramai "media politico di elezione.

"Viviamo di dati e i dati russi non sono affidabili. Non sappiamo neanche quanta gente viva in Russia e non parlo dei nuovi territori, ma della Russia vera e propria. Le statistiche regionali mentono, sulle nascite e l'aspettativa di vita sono esagerate. Ci sono incentivi per i governatori delle regioni più popolose. Alcuni demografi sostengono che i russi non siano 142 milioni ma 130, altri 110. O anche, sappiamo che un terzo dell'economia in Russia è pubblica, un terzo privata, un terzo è zona grigia, non tanto della criminalità organizzata, ma di difficile identificazione.

Ma è "impossibile dire, in questo contesto, quanto il regime sia stabile e quanto rimarrà in vita". "Fino a che il paese ha soldi per acquistare lealtà e forze per reprimere chi non è leale, il Paese regge. Ma non abbiamo molto che ci tiene insieme. La lingua, i programmi scolastici, film e canzoni sovietiche, il Presidente, e due festività, Capodanno e il 9 maggio. Non si più. E la maggior parte dei simboli unificanti, appartengono alle vecchie generazioni. In un paio di decenni, questa unità post sovietica può dissolversi ma prima no", prevede Schulmann.

E del sostegno per l'operazione militare speciale cosa sappiamo? "Ci sono tre gruppi di dimensioni paragonabili. I favorevoli alla guerra, che tendono a diminuire, i contrari, che non aumentano, e gli opportunisti. Un terzo dei russi sostiene che la guerra deve andare avanti. Hanno approvato l'inizio dell'operazione e pensano che debba proseguire. Ma il pensiero in generale è: 'hai iniziato, avevi le tue ragioni, ci fidiamo, tu la gestisci e tu devi finirla' e che l'operazione sia 'troppo lunga'. "La gente si aspettava che fosse veloce, ma continuano ad aspettarsi qualcosa'. I più ricchi sostengono di più la guerra. I più poveri meno. Nelle città meno, in provincia di più, a meno di far parte della categoria dei meno abbienti. L'età è il fattore determinante: si va verso un conflitto fra chi ha più di 60 anni, i 'baby boomers sovietici', e tutte le altre fasce di età. Ma lo specchio è rotto e la visione del presente, prima ancora che del futuro, è difficile.

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