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Rifiuti: sacchi per l'umido, il 36,2% non è compostabile

07 luglio 2020 | 16.58
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(Fotolia)
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Il 36,2% dei sacchi per contenere l’umido non è compostabile. È quanto emerge dallo studio condotto da Consorzio Italiano Compostatori (Cic) e Corepla, che ha consentito di approfondire e conoscere meglio le abitudini degli italiani in relazione ai sacchi e ai sacchetti utilizzati per il conferimento della frazione umida. In particolare, rispetto al 2017 si nota un aumento interessante del 6,8% dei manufatti conformi alla norma.

Il 63,8% dei sacchi per contenere l’umido è infatti compostabile: a farla da padrone sono le shopper in plastica compostabile (38,5%), mentre diminuiscono del 6% gli appositi per la raccolta differenziata del rifiuto organico (15,1%) e vengono rilevati anche sacchi compostabili appositi grandi oltre i 50 litri (2,4%). Interessante è la comparsa degli ortofrutta compostabili tra i manufatti utilizzati per conferire l’organico (7,6%), introdotti nei reparti dei supermercati a partire dal 2018.

Diminuisce, seppur ancora presente in modo significativo con una percentuale del 36,2% del totale, l’utilizzo di sacchi non compostabili, nonostante l’obbligo di raccolta con manufatti biodegradabili e compostabili: ancora alto l’utilizzo di shopper di plastica (10,6%) e di sacchi tradizionali per l’indifferenziato (21%), ma si nota una diminuzione di sacchetti per l’ortofrutta in plastica, sostituiti da quelli compostabili (passando dal 9% all’1,8%), mentre scompaiono quasi del tutto i manufatti per la raccolta rifiuti organici in plastiche additivate/OXO bio-degradabili (0,1%).

“Dobbiamo purtroppo constatare l’aumento della presenza dei Materiali non compostabili (Mnc), di cui le plastiche tradizionali rappresentano il 60%, nelle raccolte differenziate degli scarti di cucina e giardino. Solo negli scarti di cucina i Mnc sono passati dalle circa 190.000 t/a (espresse sul tal quale) rilevate nella precedente indagine del 2016/2017, alle circa 240.000 t/a t.q. di quella attuale (2019/2020)”, dichiara Flavio Bizzoni, presidente del Cic.

“I dati raccolti evidenziano che il pur considerevole aumento della presenza dei manufatti flessibili in bioplastica compostabile da solo non è bastato a garantire la diminuzione delle plastiche tradizionali. Questa consistente presenza dei Mnc provoca a tutta la filiera enormi costi per il loro smaltimento che, nel solo 2019, possono essere stimati in una cifra che va dai 90 ai 120 milioni di euro, con l’effetto inoltre di ‘trascinare’ allo smaltimento rilevanti quantità di materiale organico sottraendolo così alla produzione di compost di qualità”.

“Ridurre drasticamente i Mnc nel settore del biowaste, che recupera ogni anno il 40,4% del rifiuto urbano differenziato - conclude Bizzoni - deve diventare una priorità per tutti, governo e soggetti istituzionali preposti. Servono urgenti e mirati interventi, sia legislativi che di informazione, per mettere i cittadini, fulcro imprescindibile della nostra filiera, nelle condizioni di poter dare il loro determinante contributo”.

L’analisi svolta insieme al Cic, dichiara il presidente di Corepla, Antonello Ciotti, "dimostra come, nonostante gli evidenti passi avanti compiuti, occorra proseguire nell’azione di sensibilizzazione e di informazione dei cittadini rispetto alle prassi di differenziazione dei rifiuti, anche a fronte dell’aumento dell’utilizzo di plastiche monouso avvenuto in concomitanza con l’emergenza sanitaria".

Plastica e bioplastica, spiega Ciotti, "sono risorse che vanno correttamente raccolte e trattate a vantaggio dell’ambiente e di un’economia che, oggi più di ieri, guarda alla sostenibilità come ambito su cui impostare le strategie di ripresa del Paese".

Corepla è da sempre impegnato su questo fronte, come dimostrano i risultati di raccolta del 2019, e intende continuare a sostenere l’affermazione di una cultura ambientale fatta di innovazione, ricerca e anche nuova occupazione qualificata, elemento, quest’ultimo, che speriamo possa contrassegnare sempre più il futuro del Paese. Proprio per questo - conclude Ciotti - è evidente la necessità di rafforzare il sistema italiano di trattamento sia delle plastiche compostabili che di quelle tradizionali, ampliando la capacità del sistema paese di trattare questo tipo di rifiuto”.

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