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Salute: boom allergie a piante medicinali, rischi con chewing gum alle erbe (2)

14 aprile 2014 | 16.11
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(Adnkronos Salute) - Fra le erbe medicinali in commercio, anche la Cimicifuga racemosa, utilizzata per i disturbi della menopausa, ma alla quale è stato imputato di poter provocare gravi danni al fegato, astenia e di innalzare gli enzimi muscolari. Poi l’Hypericum perforatum (erba di San Giovanni), usata per combattere la depressione ma anche causa frequente di interazioni con i farmaci e che, se assunta con determinati tipi di medicinali, può causare una sindrome da eccesso di serotonina. Passando per il Citrus aurantium, il comune arancio amaro, che ha "mostrato un potenziale rischio di tossicità cardiaca sia negli animali da laboratorio che nell’uomo, e pertanto il ministero della Salute ha ridotto la quantità presente nei prodotti in commercio" spiegano gli esperti.

Infine il Piper methysticum (noto anche come Kava), erba che ha effetti afrodisiaci, inebrianti e ansiolitici "e per questo era utilizzata fino a qualche anno fa per i disturbi dell’ansia e gli attacchi di panico, ma che è stata successivamente ritirata dal commercio in alcuni Paesi per segnalazioni di gravissimi danni al fegato". Nell'incontro Carmelo Genovese, della Scuola di specializzazione in allergologia e immunologia clinica presso l'Università di Messina, ha presentato dei casi clinici di reazioni avverse alle erbe medicinali, in particolare dermatiti da contatto da calendula. "Alla luce dei problemi di sicurezza relativi a queste piante medicinali, comunemente vendute come integratori alimentari - dichiara Gioacchino Calapai, farmacologo dell’Università di Messina e componente della Commissione sui farmaci vegetali dell’Agenzia europea del farmaco - è bene sottolineare che esiste una normativa nazionale derivata da una direttiva europea che permette di registrare all'Aifa i prodotti a base di piante medicinali, così come accade con i farmaci".

"Si tratta di una registrazione semplificata e meno costosa rispetto a quella dei farmaci di sintesi - spiega l'esperto - che permetterebbe una valutazione di rischi e benefici dei prodotti in questione. Questa, inoltre, garantirebbe a operatori sanitari, medici e farmacisti, di utilizzare prodotti terapeutici più efficaci, assicurando al contempo una maggiore garanzia di sicurezza per i cittadini". Le maggiori preoccupazioni nascono per la cattiva informazione relativa a prodotti che non vengono registrati come farmaci anche, ma non solo, a causa degli alti costi, ma sono per lo più semplicemente commercializzati come integratori alimentari. "Molti pazienti, non avendo bisogno di prescrizione medica per comprare questi prodotti, li assumono in totale libertà, senza consultare il proprio medico di fiducia – aggiunge Gangemi - Eppure contengono principi farmacologicamente attivi, che possono interferire anche con i farmaci di sintesi che il paziente già usa, aumentandone a volte la tossicità o altre riducendone l’efficacia".

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