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Stepchild Adoption, pediatri divisi: "Rischi, ma da valutare caso per caso"

03 febbraio 2016 | 17.21
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Stepchild Adoption, pediatri divisi:

"Affermare che non si può escludere che la convivenza con due genitori dello stesso sesso possa avere ripercussioni negative sulla crescita armonica dei figli, non significa affermare che due soggetti omosessuali non possano garantire a un bambino affettività e standard educativi in linea con uno sviluppo normale". Lo precisa Giovanni Corsello, presidente della Società italiana di pediatria, dopo il dibattito sollevato dalle sue dichiarazioni in merito alla Stepchild adoption. "Non si può escludere - aveva detto il numero uno della Sip - che convivere con due genitori dello stesso sesso abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale nell'età evolutiva".

In seguito la precisazione sull'opportunità di "valutare caso per caso". "Ciò che è rischioso - prosegue Corsello in una nota - è un dibattito teso a promuovere situazioni simili come assolutamente fisiologiche. Si voleva semplicemente sottolineare che su questioni di tale complessità, che implicano valutazioni fortemente individualizzate, sarebbe meglio evitare scelte determinate da norme di legge vincolanti, procedendo con equilibrio e competenza sulla base delle peculiarità di ogni situazione per garantire al meglio la tutela dell'interesse del bambino".

Dopo le parole del presidente Sip la pediatria italiana si divide sulle adozioni gay. "I pediatri sono al servizio dei bambini, non delle ideologie", attacca Giuseppe Mele, presidente di Paidoss e Simpe (Società italiana medici pediatri). "Ritengo che le dichiarazioni del collega Corsello a proposito del Ddl Cirinnà, che andrebbe a regolare attraverso il meccanismo della cosiddetta Stepchild adoption la situazione di fatto di molte coppie omosessuali con figli - afferma - non vadano nella direzione che i pediatri si auspicano e che è quella di potersi prendere cura dei loro pazienti a prescindere da quella che è la cultura, l'orientamento, le convinzioni della famiglia di origine".

"Se, da un lato - precisa l'esperto - concordo totalmente con il collega circa il fatto che il minore ha come prima necessità quella di vivere in un ambiente affettivamente sereno, penso per contro che parlare in termini critici a nome della totalità dei pediatri italiani sia una decisa forzatura. Non esiste alcuna 'consensus conference' da parte delle tante anime della pediatria italiana, nel merito. E la stessa letteratura scientifica non è univocamente schierata a nome dell'una o dell'altra opinione. Entriamo quindi nel campo dei convincimenti personali, che sono ovviamente insindacabili, ma che non rappresentano in alcun modo l'orientamento dell'intera categoria".

"Le società scientifiche di cui facciamo parte - conclude Mele - devono restare al di fuori dell'agone politico, se non sono in grado di presentare dati incontrovertibili in grado di affermare, al di fuori di ogni zona d'ombra, verità scientifiche acclarate. Ogni altra interpretazione rischia di esser strumentalizzata e di alienarci le simpatie di quelle stesse famiglie che, invece, abbiamo il dovere deontologico di aiutare, assistere e servire".

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