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Lo psichiatra, 2 italiani su 5 hanno problemi, bene che ne parli il film di Virzì

16 maggio 2016 | 18.34
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Un'immagine de 'La pazza gioia' di Virzì
Un'immagine de 'La pazza gioia' di Virzì

Disturbi d'ansia, depressione, dipendenza da sostanze stupefacenti, anoressia, schizofrenia. "Nel corso della loro vita almeno 2 italiani su 5 sperimentano un problema psichico più o meno grave. Un tema che interessa dunque il 40% della popolazione, per cui dobbiamo metterci in testa che non è un problema da 'pazzi', ma della gente comune. Ed è un bene che il cinema ne parli, prefiggendosi fini educativi e colmando quella mancanza di informazione che c'è nel nostro Paese". Così Stefano Pallanti, professore di Psichiatria all'università di Firenze e direttore dell'Istituto di Neuroscienze (Ins) della città toscana, commenta con l'Adnkronos Salute l'uscita dell'ultimo film di Paolo Virzì, 'La pazza gioia', in cui le due protagoniste sono proprio donne colpite da disturbi della psiche.

"Dobbiamo dire che infondo l'Italia - spiega l'esperto - si 'difende' abbastanza per quanto riguarda, ad esempio, i dati sul suicidio, l'esito più grave della malattia mentale: non sono così alti come quelli di altri Paesi come quelli del Nord Europa o la Corea. Sembra quasi strano, data la forte crisi economica e lo scarsissimo impegno istituzionale nei confronti dell'assistenza e della prevenzione, per la quale a oggi non c'è nessun capitolo di spesa. Mentre in tutto il mondo si dice che la psicosi va prevenuta. Da noi si aspetta che insorga la crisi acuta, e comunque anche per affrontare la crisi si fa pochissimo. Dovremmo avere un letto ogni 10.000 abitanti dedicato alla psichiatria e, ad esempio, a Firenze ne abbiamo 0,4, e li stanno ancora riducendo".

"Anche la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) - prosegue Pallanti - preoccupa molto, perché nessuno sta rispettando la legge, non sappiamo quale possa essere l'esito, non sono state identificate strutture alternative. Siamo indietro. Sono in contatto con famiglie che si sono ritrovate a ricevere una telefonata in cui le si avvertiva della dimissione del loro congiunto dopo 10 anni in un Opg, magari per tre omicidi".

"La situazione - ribadisce - è preoccupante: scarsa assistenza, poca prevenzione anche per paura dello stigma, assenza di campagne proprio per ridurre il pregiudizio. Sembriamo un Paese civilmente avanzato con una bella legge che ha fatto chiudere gli Opg, ma non ci sono finanziamenti per gestire la situazione e si è finito per creare solo problemi". Secondo l'esperto, dunque, "oggi l'educazione la si fa con film e fiction e non con programmi formativi, è scientificamente provato. Speriamo che queste produzioni non siano puro intrattenimento, con personaggi a volte ridicolizzati, ma che abbiano anche un intento di sensibilizzazione".

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