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Robot-avatar in ufficio, così Ester può curarsi e lavorare

17 maggio 2016 | 15.57
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Ester Conti e il robot in riunione - Telepresence Robot
Ester Conti e il robot in riunione - Telepresence Robot

Un robot-avatar come alter ego in ufficio, per continuare a lavorare anche mentre si è ricoverati in una struttura sanitaria, senza dover rinunciare alle terapie. Per Ester Conti, paraplegica da 13 anni dopo un incidente e dipendente del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, questo scenario futuribile è realtà. Con il progetto 'Telepresence Robot', infatti, Ester continua la propria riabilitazione presso la casa di cura San Raffaele di Sulmona (L'Aquila) e, allo stesso tempo, riesce ad essere presente, grazie a uno speciale robot, presso i propri uffici di Roma.

Un percorso riabilitativo unico nel suo genere presentato oggi in conferenza stampa alla Farnesina. Strumenti come Telepresence sono già in commercio, ma per scopi totalmente diversi: ad esempio per consentire a degli esperti di effettuare ispezioni tecniche in fabbriche lontane. Per renderli utili a pazienti con gravi lesioni spinali, era necessario uno studio specifico, avviato appunto dal San Raffaele di Sulmona.

Tutto è iniziato nel gennaio 2014, quando l'Istituto ha voluto includere Ester nel progetto, che coinvolge diversi centri: l'Università dell'Aquila, a seguito del dottorato di ricerca in ingegneria meccanica svolto dall'ingegnere giapponese Jun Yamaguchi; il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, lo Shibaura Institute of Technology (Tokio-Giappone) e il National Rehabilitation Center for Person with Disabilities (Tokio).

Scopo del progetto è studiare utilizzo, limiti e punti di forza del dispositivo tecnologico, per il miglioramento della qualità della vita di soggetti paraplegici e tetraplegici. I risultati "consentiranno - spiegano gli ideatori - non solo di produrre dati in merito allo studio clinico, ma anche di adattare e migliorare a livello tecnico-ingegneristico il dispositivo studiato". Durante il periodo di sperimentazione l'interazione fra i pazienti e Telepresence è seguita da un gruppo composto da ingegneri, medici, psicologi, assistenti sociali e terapisti occupazionali, che valutano successi e fallimenti nell'utilizzo continuo in ambienti diversi: oltre ai luoghi di lavoro, ad esempio, anche le abitazioni.

Ma come funziona? Telepresence consiste sostanzialmente in una staffa dotata di ruote, sulla quale è montato un iPad. Quando è in funzione, sullo schermo compare il volto di chi lo utilizza. Attraverso la normale rete wireless è possibile far muovere il robot attraverso le stanze e regolare l'altezza dello schermo, mentre la telecamera trasmette le immagini delle cose e persone che si trovano intorno. Il microfono e il sistema audio consentono di conversare con chiunque si incontri. L'utilizzatore del robot è totalmente autonomo: controlla i movimenti di Telepresence, l'accensione e lo spegnimento senza dover chiedere ad altri di spostarsi o di muovere lo schermo come avverrebbe invece se si usasse una normale video-chat.

"Dopo l'incidente - ha raccontato Ester che ha 'battezzato' il 'suo' robot Arturo - la mia vita è cambiata radicalmente. Sono arrivata a quella che chiamo la mia seconda vita grazie all'amore della mia famiglia, dei miei amici. E anche grazie ai miei colleghi e a un lavoro che mi piace. Ma i periodi di lontananza sono in problema. Telepresence mi dà una opportunità in più, perché mi permette di essere davvero presente sul posto di lavoro, e non solo per il tempo di una teleconferenza. Posso muovermi per l'ufficio, e anche socializzare".

"Lo scopo della nostra ricerca - ha spiegato Giorgio Felzani, direttore sanitario del San Raffaele di Sulmona - è capire i vantaggi che l'utilizzo di un robot-avatar porta a chi è nelle particolarissime condizioni in cui si trovano i nostri pazienti, e anche quali modifiche fare al dispositivo in modo da rendere massima la sua utilità, minimizzando contemporaneamente i costi. Nonostante i vantaggi del robot-avatar sembrino evidenti, la sperimentazione è assolutamente necessaria. Quando si valuta l'utilità di un nuovo strumento infatti, il buon senso e l'intuizione non bastano, perché esistono innumerevoli motivi che potrebbero portare i pazienti a non accettarne l'uso. Alcune ragioni possono essere psicologiche, altre pratiche e avere ad esempio a che fare con la facilità con la quale si può imparare a utilizzare lo strumento".

"Attraverso il Piano d'azione sulla disabilità - ha commentato il direttore generale della Cooperazione italiana allo sviluppo, Giampaolo Cantini - il Maeci favorisce l'inclusione della tematica dei diritti delle persone con disabilità nell'ambito delle sue politiche e delle sue attività, in linea con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e sulla base di una consolidata tradizione della Cooperazione italiana in Tunisia, Kossovo, Albania, Palestina e Sudan. L'esperimento coglie inoltre lo spirito della nuova Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il caso di Ester, in questo senso, è esemplificativo - aggiunge - e ci ricorda come la tecnologia sia un elemento chiave per la nostra azione in questo campo. La speranza è che un numero sempre maggiore di persone possa avere accesso a uno strumento come Telepresence, in grado di migliorarne il lavoro e, soprattutto, la qualità della vita".

Il progetto si avvia verso il completamento dello studio sperimentale presso il Maeci, come ha spiegato Pierluigi Beomonte Zobel, del Dipartimento di Ingegneria dell'Aquila e responsabile del team di ricerca. "Nei prossimi mesi, miglioreremo il segnale di rete nel ministero, aumentando la qualità del WiFi ed eliminando le zone d'ombra. Sulla tabella di marcia è inoltre prevista la selezione di altri volontari per allargare la casistica".

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