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Lutto collettivo per Brangelina? Gli psicologi: "Colpa dell'intimità a distanza"

23 settembre 2016 | 16.54
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Brad Pitt e Angelina Jolie ai tempi del loro amore - (foto: Fotogramma)
Brad Pitt e Angelina Jolie ai tempi del loro amore - (foto: Fotogramma)

C'è chi li guardava con invidia e chi con diffidenza, chi ha creduto nella favola e chi no. Ma in queste ore di 'lutto mediatico' per il divorzio fra Brad Pitt e Angelina Jolie - 6 figli (3 naturali e 3 adottivi) da gestire, tesori immobiliari da spartirsi e addirittura statue in coppia da dividere al museo delle cere - in pochi non hanno speso una parola sulla rottura più clamorosa della nuova Hollywood. Se anche i ricchi piangono e noi con loro, la psicologia dà la sua spiegazione: si chiama "intimità a distanza" l'ultima sindrome codificata dalla scienza per interpretare il sentimento collettivo suscitato dall'addio a 'Brangelina'.

Che si tratti di dolore, o di sarcasmo all'insegna del più classico 'io l'avevo detto', la partecipazione all'evento affonda le sue radici in quella che gli esperti chiamano "relazione para-sociale". Non un rapporto diretto faccia a faccia, bensì una conoscenza mediata dallo schermo: abbiamo guardato 'Mr & Mrs Smith' innamorarsi prima nel film e poi nella vita vera; abbiamo seguito su magazine e rubriche tv ogni puntata del 'sequel' fino al matrimonio blindato a Chateau Miraval, dimora di proprietà in Francia, e così abbiamo finito per sviluppare familiarità. Simpatia (o antipatia) reale per i 2 attori e la loro tribù multietnica.

Di "relazioni para-sociali" - ricorda il 'Daily Mail' - parlarono per primi Donald Horton e Richard Wohl, riporta 'Science of Us'. "Una delle caratteristiche sorprendenti dei nuovi mass media come radio, televisione e cinema - scrivevano in un lavoro del 1956 - è che danno l'illusione di un rapporto vis-à-vis con i protagonisti". Ma mentre all'epoca del teatro questa "confusione di identità" era temporanea e si interrompeva una volta calato il sipario, i nuovi mezzi di comunicazione la perpetuano nel tempo.

Più di recente il concetto è stato sviluppato da un team dell'università israeliana di Haifa: gli studiosi hanno analizzato il fenomeno per cui, quando un personaggio di una fiction decide di abbandonare il set, per i suoi fan è come perdere un amico in carne e ossa. Dalla storica uscita di scena del Bobby di 'Dallas' (poi obbligato a un clamoroso rientro) a quella di Ridge da 'Beautiful', gli esempi si moltiplicano e la reazione è la stessa: "Gli spettatori che si aspettano di non poter più vedere i loro attori preferiti mostrano reazioni negative simili a quelle che sperimentano dopo la fine di una relazione sociale vera", dicono i ricercatori.

Un'altra versione dell'intimità a distanza, più netta e a volte patologica, è la Cws o 'sindrome del culto delle celebrità': secondo gli psicologi dell'università inglese di Leichester interessa addirittura più di una persona su 3 (il 36%), con un trend in crescita.

La ricerca ha coinvolto circa 700 uomini e donne dai 18 ai 60 anni, rilevando 3 forme di Cws: lieve (22% degli 'affetti'), moderata (12%) e grave (2%). Si va da chi segue con passione le sorti del proprio idolo e ne parla a tutti appena può, a chi sviluppa con il suo 'oggetto di culto' un rapporto personale virtuale ma intenso, fino a chi scivola in una vera e propria ossessione ai limiti della psicosi con isolamento, comportamenti anti-sociali o borderline.

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