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Lo studio

Da cosa dipende la felicità? Da salute e amici, non dai soldi

13 dicembre 2016 | 08.19
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(Foto Xinhua)
(Foto Xinhua)

Che i soldi non fanno la felicità ora lo dice anche la scienza. Tanto che un nuovo studio della London School of Economics arriva a suggerire che, per aumentare i tassi di benessere nella popolazione, affrontare i problemi di salute mentale sia un intervento più efficace di ridurre la povertà. La felicità dipende dalla salute e dagli amici, non dal denaro, è la conclusione del team di ricercatori della Lse.

La maggior parte delle 'miserie umane' può essere attribuita a relazioni fallite e malattie fisiche e mentali, piuttosto che a problemi di soldi e status economico, spiegano gli autori del lavoro citato dal 'Guardian' online. Eliminando la depressione e l'ansia si ridurrebbe l'infelicità del 20% - sostengono in base all'analisi - rispetto ad appena il 5% in meno che si otterrebbe se i politici si concentrassero sulla riduzione della povertà. L'esperto che ha guidato il report, Lord Richard Layard, a supporto di questi risultati spiega anche che in media le persone negli ultimi 50 anni non sono diventate più felici nonostante i redditi medi siano più che raddoppiati. I ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da 4 Paesi, tra cui Stati Uniti e Germania.

L'economista ed ex consigliere di Tony Blair e Gordon Brown aggiunge che lo studio, chiamato 'Origini della felicità', ha dimostrato che la misurazione della soddisfazione delle persone per la propria vita dovrebbe essere una priorità di tutti i governi. Non solo: la spesa extra per la riduzione delle malattie mentali sarebbe autofinanziata, hanno evidenziato gli esperti, perché il governo la recupererebbe attraverso una maggiore occupazione e l'aumento delle entrate fiscali, insieme a una riduzione dei costi del Ssn legata a un minor numero di visite dai medici di medicina generale e di accessi ai pronto soccorso ospedalieri.

"Affrontare la depressione e l'ansia - insiste Layard - sarebbe quattro volte più efficace di affrontare la povertà". E alla fine risulterebbe a costo zero. Il report guarda a diversi decenni e rileva che i fattori sociali e psicologici risultano più importanti per il benessere individuale dei livelli di reddito.

Gli autori affermano dunque che le istituzioni, scuole comprese, devono diventare più focalizzate sulla lotta ai problemi di ansia e salute mentale. "Tutto questo richiede un nuovo ruolo per lo Stato - dice Layard - non la creazione di ricchezza, ma la creazione di benessere. In passato lo Stato si è occupato di povertà, disoccupazione, istruzione, salute fisica. Ma altrettanto importanti sono ora la violenza domestica, l'alcolismo, la depressione e l'ansia, i giovani emarginati e molto altro. Temi che dovrebbero guadagnarsi il centro della scena", conclude l'economista che ha rigettato le accuse di voler argomentare contro la riduzione delle disuguaglianze, precisando che il messaggio del report è semplicemente che i miglioramenti nei servizi di salute mentale avrebbero un impatto maggiore.

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