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Il rapporto

Epatite C, con superfarmaci rischio effetti collaterali

26 gennaio 2017 | 09.52
LETTURA: 4 minuti

Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Alcuni dei farmaci approvati negli ultimi anni per curare l'epatite C potrebbero avere gravi effetti collaterali, tra cui l'insufficienza epatica. E' quanto emerge da un nuovo rapporto dell'Institute for Safe Medication Practices, ente americano senza scopo di lucro, che studia la sicurezza dei farmaci. Il rapporto è stato pubblicato ieri e anticipato dal 'New York Times' nei giorni scorsi.

Nonostante il numero dei casi segnalati sia "relativamente piccolo", e i risultati dello studio "non siano conclusivi", sottolinea il quotidiano americano, il rapporto contiene un avvertimento che non dovrebbe essere ignorato. Si tratta di nove farmaci antivirali ampiamente utilizzati per curare l'epatite C, che oltre a presentare costi elevati, sono stati annunciati come un enorme progresso per via dell'alto tasso di guarigione, apparentemente con pochi effetti collaterali.

Le conclusioni del rapporto si basano sulle analisi del gruppo di banca dati della Food and Drug Administration riguardanti le relazioni fatte da medici di tutto il mondo. L'epatite C è una malattia infettiva, causata dall'Hepatitis C virus (HCV), che colpisce il fegato e che può condurre alla sua cicatrizzazione e alla cirrosi. In alcuni casi, la cirrosi epatica può portare a sviluppare insufficienza epatica, cancro del fegato, varici esofagee e gastriche.

Negli Stati Uniti, si stima che siano tra i 2,7 ai 3,9 milioni le persone affette da epatite C cronica, e che ogni anno ne muoiano circa 20.000. L'epatite C è inoltre la principale causa di trapianto di fegato secondo i Centers for Disease Control and Prevention, mentre a livello globale, l'Organizzazione Mondiale della Sanità riporta 150 milioni di casi cronici attuali, e 700.000 decessi l'anno.

Tra i farmaci esaminati nel rapporto ne sono inclusi due del colosso farmaceutico Gilead Sciences: Sovaldi e Harvoni, ritenuti rivoluzionari rispetto ai farmaci che li hanno preceduti, poiché più efficaci e in grado di curare la malattia in sole 12 settimane. Nel 2015, scrive il 'New York Times, sono state 250mila le persone che hanno assunto i farmaci per l'epatite C, sostenendo spese esorbitanti: da 55mila a 125mila dollari a paziente. Nel rapporto dell'Institute for Safe Medication Practice vengono segnalati due tipi di effetti collaterali provocati da questi farmaci.

Il primo riguarda gravi casi di insufficienza epatica segnalata in molti pazienti negli Stati Uniti e in altri paesi; il secondo concerne la riattivazione di infezioni da epatite B, riemerse in 24 pazienti, come ha rilevato la Fda nell'ottobre scorso. Due di questi pazienti sono morti, e uno ha avuto bisogno di un trapianto di fegato. La maggior parte delle segnalazioni sono state fatte da medici e da altri operatori sanitari, ma i ricercatori sospettano che molti casi non vengano denunciati e che il numero reale dei pazienti colpiti nuovamente dal virus possa essere più alto.

Di conseguenza, l'Fda ha richiesto che sull'etichettatura dei farmaci antivirali venga aggiunto un 'boxed warning', un avviso che informa i medici di monitorare e controllare l'eventuale comparsa dell'epatite B in tutti i pazienti che assumono farmaci per curare l'epatite C. A ogni modo, non è ancora chiaro come avvenga la riattivazione dell'epatite B: il problema non è stato rilevato durante il test dei farmaci, prima della loro immissione sul mercato, perché i pazienti che hanno avuto l'epatite B non sono stati ammessi allo studio.

Nell'aprile 2016, inoltre, l'Agenzia Ema aveva iniziato una revisione di alcuni antivirali ad azione diretta per via di alcuni casi di riattivazione dell'epatite B in pazienti infettati con virus dell'epatite B e C e trattati con antivirali ad azione diretta per l'epatite C.

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