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Robot sempre più 'umani', da Pisa i segreti della presa

14 febbraio 2019 | 12.09
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 - Elastico Disegno
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I robot umanoidi alla C-3PO, il droide protocollare di Star Wars che conosce 6 milioni di linguaggi diversi, sono più vicini alla realtà. Un team internazionale di ricercatori ha infatti decrittato e i segreti della presa umana, traducendoli in 'istruzioni' da fornire ai robot per scambi di oggetti sempre più 'naturali'. Il passo avanti si deve a uno studio pubblicato su 'Science Robotics', che nasce dalla collaborazione Italia-Australia tra l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e l’Arc Centre of Excellence for Robotic Vision della Queensland University of Technology di Brisbane.

C’è un momento nella collaborazione tra uomo e robot che ha più importanza di altri: è quando i due sistemi sono chiamati a passarsi un oggetto e, quindi, a coordinarsi in modo efficace. A frenare gli esseri umani alle prese con un robot talvolta è proprio la gestualità 'rigida' della macchina. Com’è possibile rendere più naturale questa interazione? Lo studio ha permesso di scoprire i principi guida che regolano la scelta del tipo di presa durante lo scambio di oggetti e che, secondo i ricercatori, favoriranno la cooperazione tra un sistema robotico e una persona.

"Abbiamo analizzato il comportamento di una serie di giovani adulti, impegnati ad afferrare un oggetto e a consegnarlo a un altro individuo", spiega all'Adnkronos Salute Marco Controzzi, ricercatore dell’Istituto di BioRobotica e responsabile dell’Human-Robot Interaction Lab. I ricercatori hanno notato come la presa varia a seconda del tipo di azione compiuta: se questa non presuppone alcuna interazione, la presa sarà diversa rispetto a quando invece si deve passare un oggetto. In quest’ultimo caso, infatti, si tende a usare una presa di precisione lasciando libere le estremità dell’oggetto stesso. Questo gesto facilita in realtà la ricezione dell’altra persona, che non deve compiere prese innaturali per afferrarlo.

"Ci siamo accorti - spiega Francesca Cini, studentessa Phd dell’Istituto di BioRobotica e prima firma del paper - che negli studi che regolano le modalità attraverso cui un robot deve afferrare un oggetto, c’è poca attenzione al passaggio successivo, ovvero al modo in cui l’oggetto viene utilizzato dal robot. Questo aspetto invece è di fondamentale importanza nella cooperazione tra due sistemi e, di conseguenza, tra uomo e robot. Vi faccio un esempio: quando passiamo un cacciavite sapendo che l'altro lo dovrà utilizzare, lasciamo il manico libero in modo che egli possa afferrarlo e utilizzarlo facilmente. Non solo cambiamo il tipo di presa, ma consideriamo anche come il nostro compagno dovrà utilizzare l’oggetto. Sono proprio queste informazioni che vogliamo trasmettere ai robot".

Trasferire questi principi guida su un sistema robotico, permetteranno di selezionare correttamente il tipo di presa e di facilitare di conseguenza lo scambio di oggetti. "Stiamo andando verso robot più collaborativi, capaci di una interazione più naturale", dice Controzzi. Si pensi al campo industriale, in cui si potranno ottimizzare le varie fasi di produzione; o nei percorsi riabilitativi, dove i robot potranno coadiuvare il paziente sfruttando una comunicazione più naturale ed efficiente. "La robotica collaborativa - continua Controzzi - rappresenta la prossima frontiera della robotica sia industriale che domestica, ma perché si realizzi è necessaria una nuova generazione di robot pensati per interagire con l’uomo in modo naturale. Questi risultati ci permetteranno di istruire i robot ad agire come un collaboratore umano, attraverso l’introduzione di regole semplici ed efficaci nella manipolazione degli oggetti durante azioni congiunte con l’uomo".

"Afferrare e manipolare un oggetto sono considerate azioni intuitive e semplici per noi esseri umani - spiega Valerio Ortenzi, ricercatore presso l’Arc e co-autore dello studio - In realtà non è così. Con questo studio cerchiamo di gettare una luce sul comportamento degli esseri umani mentre interagiscono tra loro". "La manipolazione rimane una delle più grandi sfide nel settore della robotica - aggiunge Peter Corke, direttore dell’Australian Centre for Robotic Vision - Questa collaborazione di ricerca con la Scuola Superiore Sant'Anna costituisce una partnership vitale verso il nostro obiettivo di superare l'ultima barriera alla progettazione di robot veramente utili per la società".

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