Paracchi di Genenta Science, in Italia c'è un valore scientifico enorme che può far uscire dalla crisi
"Gli italiani? Un popolo abbastanza ricco, al contrario di ciò che siamo ormai abituati a credere. Ci sono ancora molte persone con patrimoni di parecchi milioni di euro, investiti in titoli di Stato o nel settore immobiliare. Ma dirottare questo 'tesoretto' sul settore dell'innovazione, biotech in testa, avrebbe un effetto prepotente non solo sul reddito di queste persone, ma anche sul benessere del Paese". A dirlo è Pierluigi Paracchi, chairman e Ceo di Genenta Science, fondata dall'ospedale San Raffaele, dal direttore del Tiget (Istituto di Telethon per la terapia genica) Luigi Naldini e dall'ematologo Bernhard Gentner, uniti per trasformare in impresa una nuova cura genica contro i tumori. Di oggi la notizia che Genenta Science ha raccolto quasi 10 milioni di euro di fondi privati a soli 5 mesi dalla nascita.
Paracchi è stato anche fondatore di Quantica, primo venture capital italiano dedicato alle start-up del mondo della ricerca scientifica e fra gli investitori che sono riusciti a concludere, lo scorso anno, uno degli affari più clamorosi degli ultimi tempi: la vendita all'americana Clovis Oncology di Eos, start-up biotech 'tricolore', per quasi mezzo miliardo di dollari.
"E vendere agli americani un'azienda italiana non è un gioco", assicura all'Adnkronos Salute. "In Italia la cultura del venture capital è molto poco sviluppata - spiega Paracchi - eppure siamo ancora un Paese di gente ricca, e fra le prime 10 economie mondiali. "Ma chi ha capitali importanti si concentra su titoli di Stato, con un rendimento che fino al qualche anno fa era del 3-4%, e storicamente sulle seconde, terze, quarte case. Ma ora i tassi sono a zero e il patrimonio immobiliare è fra i più tassati, senza che ci sia una prospettiva certa di rivalutazione. Insomma, questi risparmiatori dovrebbero, e i più attivi già lo fanno, guardarsi in giro alla ricerca di investimenti in attività produttive innovative". E non servono milioni per investire nel biotech, "ma in alcuni casi è possibile limitarsi anche a 50-100 mila euro".
Importante notare che "per chi investe in start-up innovative - evidenzia Paracchi - ci sono dal 2012 efficaci agevolazioni: la legge consente di detrarre immediatamente dalle tasse il 19% ogni 500 mila euro (95 mila euro). Il biotech italiano ha una storia importante, con scienziati di fama internazionale e in alcuni casi anche in odore di Nobel, centri di eccellenza competitivi a livello mondiale. Nonché una storia recente di successo: nel solo ultimo anno e mezzo le aziende pharma-biotech italiane hanno generato, fra cessioni e quotazioni in Borsa, un valore di 9 miliardi di euro in Italia. Oltre a Eos, infatti, ci sono stati i 'casi' Okairos (acquisita da GlaxoSmithKline), Intercept (quotata al Nasdaq), Gentium (acquisita da Jazz Pharmaceuticals) e Nogra Pharma (venduta a Celgene)".
Non solo gli investitori italiani devono diventare più 'smart', secondo l'imprenditore, ma "anche i laboratori di ricerca devono trasformare le loro scoperte velocemente in brevetti (che porta un vantaggio e un business globale, con ritorni altissimi) e aumentare la cultura del venture capital, sforzandosi di capire di cosa vanno alla ricerca gli investitori. Occorre avvicinare i linguaggi per abbreviare i tempi, anche perché il venture capital è 'pigro' e vuole solo trovare idee innovative, senza complicazioni".
"Invece si incontrano ancora oggi grandissime difficoltà quando si parla con un Irccs o con scienziati, anche di fama - precisa Paracchi - Molto raramente li trovo preparati sull'opzione spin-off, e questo è davvero un limite, perché così non si sprigiona tutta la ricchezza che può esserci dietro a una scoperta scientifica. Uno scienziato deve anche capire questo: si possono creare ricchezze e valori impressionanti dalla scienza italiana. Non si deve piangere perché la ricerca è in crisi - conclude - ma chiedersi cosa si può e si deve fare per trasferire il sapere in impresa, acquisendo le competenze mancanti".