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L'estate della farmaceutica, un valzer di fusioni e acquisizioni

05 settembre 2016 | 11.16
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L’ultima in ordine di tempo è stata Galenica, che ha annunciato alla fine della scorsa settimana la chiusura dell'offerta d'acquisto sulle azioni ordinarie dell'americana Relypsa: l'estate 2016 è stata caratterizzata da un vero e proprio 'valzer' di fusioni e acquisizioni nel settore farmaceutico, che riprende una tendenza in atto già da alcuni anni, ma che ha raggiunto un record proprio nella stagione che si accinge a chiudersi. Protagoniste anche importanti realtà italiane come Recordati: il 14 luglio ha annunciato di aver acquisito il 100% del capitale sociale di Pro Farma, società svizzera. Una transazione del valore è di 16 milioni di franchi.

"L'acquisizione di Pro Farma rappresenta un'ottima base sulla quale stabilire la nostra attività operativa in Svizzera", ha spiegato l'Ad Giovanni Recordati. Sempre Recordati, e sempre in luglio, ha firmato con Gedeon Richter un accordo di licenza esclusiva per la commercializzazione di cariprazina, un innovativo farmaco antipsicotico atipico in Europa Occidentale, Algeria, Tunisia e Turchia.

Passando al panorama internazionale la protagonista incontrastata delle operazioni di 'mergers&acquisitions' (M&A) rimane Pfizer: il gigante farmaceutico americano sarebbe vicino a un accordo per acquistare Medivation, azienda Usa che ha sviluppato il farmaco contro il cancro alla prostata enzalutamide, per circa 14 miliardi di dollari. Lo shopping estivo di Pfizer ha incluso anche l'acquisizione di Bamboo Therapeutics, azienda biotech con sede in North Carolina, impegnata nello sviluppo di terapie geniche per il trattamento di alcune malattie rare. E la terapia genica è una fra le aree più promettenti, ha ricordato Pfizer annunciando l'intesa da circa 645 milioni di dollari, completata attraverso un pagamento iniziale da 150 milioni più una serie di pagamenti successivi da 496 milioni di dollari.

Altra grande operazione quella portata a termine da Teva, che a inizio agosto ha annunciato il completamento dell'acquisizione del business dei farmaci equivalenti di Allergan ('Actavis Generics'), con l’ok dell’Antitrust americano. Allergan ha ricevuto 33,43 miliardi di dollari in contanti e circa 100 milioni di azioni Teva. "L'acquisizione di Actavis Generics arriva in un momento in cui Teva è più forte che mai, sia nel business dei farmaci equivalenti, sia in quello dei farmaci specialistici", ha commentato Erez Vigodman, presidente e Ceo di Teva.

Infine, è arrivata la nascita di una nuova azienda con obiettivi ambiziosi: il 1 agosto GlaxoSmithKline (Gsk) ha annunciato di aver sottoscritto un accordo con Verily Life Sciences (ex Google Life Sciences), del gruppo Alphabet, per creare Galvani Bioelectronics, per la ricerca, sviluppo e commercializzazione di farmaci bioelettronici. In questa nuova società Gsk avrà una partecipazione del 55% mentre Verily del 45%.

La nuova società unisce l'esperienza di Gsk nella scoperta di farmaci e la conoscenza approfondita della biologia della malattia, con il mondo di Verily che possiede le competenze tecnologiche nella miniaturizzazione dell'elettronica a basso consumo, lo sviluppo di dispositivi, l'analisi dei dati e lo sviluppo di software per le applicazioni cliniche.

"Il settore farmaceutico - commenta all'Adnkronos Salute Vincenzo Longo, analista finanziario di IG Markets - nel corso degli ultimissimi anni si è mostrato assai vivace dal punto di vista delle M&A: molti grandi aziende hanno cercato e cercano di accaparrarsi quote di mercato soprattutto in settori terapeutici nei quali non sono specializzate. Questo è uno degli obiettivi. Ma ce ne sono altri: il grande affare Pfizer-Allergan, ad esempio, poi sfumato, mirava soprattutto a delocalizzare parte dei profitti del colosso Usa. Alcune operazioni sono dunque puramente strategiche, altre sono portate avanti a fini produttivi. Nel primo caso, in particolare, le M&A portano a un miglioramento dell’efficienza dei costi e a uno snellimento della struttura, perché ad esempio molte figure ‘doppie’ vengono eliminate".

"A cascata - prosegue l'analista - ci dovrebbe essere anche un miglioramento del servizio all’utente finale (Stati, pazienti, società assicurative), ma non è sempre così: il più delle volte con questi processi si instaurano meccanismi che impediscono in concreto il miglioramento dell’efficienza verso i consumatori. E a volte operazioni così grandi fanno sì che un’azienda conquisti un qualche monopolio, cosa che ancora una non favorisce il cliente finale. Il caso italiano e quello delle società più piccole sicuramente portano con sé maggiori benefici da questo punto di vista: il loro risultato è spesso quello di portare nuovi farmaci sul mercato, e a prezzi più competitivi. Molte aziende americane però in Italia non vivono un bel periodo, in molti settori mercato è saturo e in alcuni casi si è costretti a chiudere stabilimenti di produzione". Insomma, matrimoni sì, ma con obiettivi e risultati diversi per chi deve utilizzare i prodotti finali.

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