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Malattie rare, farmaco salvavita contro sindrome del piccolo Alex

07 maggio 2020 | 13.54
LETTURA: 3 minuti

Lo studio coordinato in Europa dall'ospedale Bambino Gesù di Roma

Malattie rare, farmaco salvavita contro sindrome del piccolo Alex

Sono stati pubblicati sul 'New England of Medicine' i risultati di uno studio, coordinato in Europa dall'ospedale Bambino Gesù di Roma, sul farmaco emapalumab salvavita per i bimbi con Hlh (Linfoistiocitosi emofagocitica primaria): la sindrome genetica ultra-rara nota alle cronache per il caso del piccolo Alex, il bambino italiano trasferito dal Great Ormond Street di Londra al Bambino Gesù dove è stato definitivamente curato integrando l'uso sperimentale di emapalumab con un trapianto dal padre. Questo anticorpo monoclonale si è mostrato in grado di bloccare l'iper-infiammazione associata alla malattia e di controllarne le caratteristiche acute in oltre il 60% dei casi.

L'Hlh - ricordano dalla struttura capitolina - è una grave sindrome iperinfiammartoria caratterizzata da una risposta incontrollata del sistema immunitario, che si presenta tipicamente durante l'infanzia (2 bambini ogni 100 mila nuovi nati), ma può manifestarsi anche negli adulti, e che lascia poche speranze a chi non riesce ad arrivare in tempo al trapianto di cellule staminali emopoietiche. Emapalumab è stato sperimentato con successo in questi anni a livello internazionale su un numero selezionato di pazienti, e ora i risultati appaiono sul 'Nejm'. Per Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-ematologia e Terapia cellulare e genica dell'Irccs, "il nuovo farmaco rappresenta un prototipo di terapia molecolare mirata e un passo importante verso il miglioramento dei risultati per questa malattia genetica grave e pericolosa per la vita dei pazienti".

Emapalumab, messo a punto dall'azienda di biotecnologie Novimmune e successivamente preso in carico da Sobi, è il primo medicinale studiato specificatamente per l'Hlh primaria. Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro una molecola, l'interferone-gamma, che gioca un ruolo chiave nel regolare la risposta immunitaria e che viene prodotta in eccesso nei pazienti con Hlh. La somministrazione del farmaco ha consentito di 'spegnere' l'eccessiva risposta infiammatoria nei bambini coinvolti nelllo studio, neutralizzando gli effetti derivanti dall'eccessiva produzione di interferone-gamma.

Emapalumab - ricorda una nota - è la prima terapia mirata approvata dalla Food & Drug Administration (Fda) statunitense per l'Hlh primaria ed è in fase di revisione da parte dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema).

L'EMATOLOGO LOCATELLI - "In Italia possiamo stimare 9-10 nuovi casi l'anno come il piccolo Alex", il bimbo italiano con Hlh (Linfoistiocitosi emofagocitica primaria), una sindrome genetica ultra-rara, arrivato dalla Gran Bretagna e curato al Bambino Gesù integrando l'uso sperimentale di un nuovo farmaco - emapalumab - con un trapianto dal padre. Ad affermarlo all'Adnkronos Salute è Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-ematologia e Terapia cellulare e genica dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, e coordinatore del braccio europeo della sperimentazione sull'anticorpo monoclonale che si è mostrato in grado di bloccare l'iper-infiammazione associata alla malattia e di controllarne le caratteristiche acute in oltre il 60% dei casi.

"Abbiamo realizzato uno studio internazionale da entrambi i lati dell'Oceano, che ha coinvolto 34 pazienti - precisa Locatelli, illustrando i risultati pubblicati sul 'New England of Medicine' - 8 dei quali sono stati trattati al Bambino Gesù". La loro è una malattia rara, "che colpisce circa un nato su 50.000, e che se non riconosciuta e trattata ha un esito fatale. Ma anche con gli approcci classici, ovvero cortisone e chemioterapia, il rischio di fallimento è elevato. Ebbene, questo farmaco apre una nuova era" per questi piccoli pazienti, assicura l'ematologo: "Si tratta infatti di una terapia molecolare mirata, che blocca la molecola chiave" di questa patologia, "senza gli effetti collaterali della chemioterapia. E permette di portare il paziente in condizioni migliori al trapianto. Un po' come è successo con il piccolo Alex, che dopo il trapianto dal papà è guarito", conclude Locatelli.

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