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Medicina: scompenso cardiaco, nel Lazio colpite 20 mila persone l'anno

25 marzo 2014 | 17.23
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Roma, 25 mar. (Adnkronos Salute) - Lo scompenso cardiaco acuto è un trend in continua ascesa. Invalidante e potenzialmente letale, colpisce quasi 200 mila persone in Italia ogni anno, 20.000 solo nel Lazio. Nonostante la staticità del protocollo farmacologico, arrivano dalla ricerca nuove speranze di trattamento per la riduzione dei sintomi e della mortalità. Attualmente il 3-4% dei pazienti non sopravvive al primo episodio, il 20-30% muore nell’arco di un anno, il 70% entro 5 anni. "Lo scompenso cardiaco è l’epidemia dei nostri giorni - afferma Francesco Fedele, direttore dipartimento di cardiologia del policlinico Umberto I di Roma – e la situazione è paradossale".

I pazienti muoiono sempre meno per infarto, ma una delle conseguenze è che "entrano in una situazione cronica di scompenso cardiaco". Oltre a un forte impatto sulla qualità della vita dei malati, anche gli sforzi economici a carico della famiglia e del Servizio sanitario nazionale non sono affatto indifferenti. "La riammissione in ospedale - continua Fedele - a 2-3 mesi dal primo episodio raggiunge il 30%". Nonostante la crescente incidenza degli ultimi anni dello scompenso cardiaco acuto, le modalità di trattamento sono rimaste invariate. "Di fatto - spiega Salvatore Di Somma, direttore dell’Uoc di Medicina d’urgenza e pronto soccorso dell’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma - dagli anni ’70 non c’è stata evoluzione in termini farmacologici".

La ricerca tuttavia continua a lavorare per abbattere il trend negativo: "Oggi - continua Somma - stiamo sperimentando una nuova molecola, la serelaxina, che sembra dare risultati positivi nei pazienti sia nelle prime ore dall’arrivo in pronto soccorso, sia sulla mortalità a distanza di 6 mesi". A Roma, sia il Policlinico Umberto I sia l’Azienda ospedaliera Sant’Andrea stanno partecipando agli studi per verificare l’efficacia e il profilo di sicurezza di serelaxina in aggiunta alla terapia convenzionale. Accanto alle terapie farmacologiche, un ruolo importante è giocato dalla prevenzione: "Uno stile di vita che preveda l’attività fisica e una dieta equilibrata per il controllo del peso è cruciale - conclude Fedele - soprattutto in quei soggetti che vengono considerati a rischio".

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