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Con ginecologia dolce l'ospedale risparmia 50 mila euro l'anno

05 giugno 2014 | 15.17
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Con ginecologia dolce l'ospedale risparmia 50 mila euro l'anno

Milano, 5 giu. (Adnkronos Salute) - Meno dolore, rischio minimo di traumi e complicanze, ricoveri e convalescenza più brevi. Sono i vantaggi della chirurgia ginecologica dolce che senza bisturi, attraverso il canale vaginale, permette di intervenire in modo mini-invasivo nella maggior parte delle patologie intime 'in rosa'. Un approccio che non taglia la paziente, ma taglia la spesa per il Servizio sanitario nazionale: ogni anno 50 mila euro in meno per un singolo ospedale che, a parità di intervento, applichi la metodica transvaginale al posto della laparoscopia. Entrando cioè da un 'tunnel' naturale, invece che da buchi praticati nell'addome, per sfilare il tessuto malato o ripararlo.

A calcolare per la prima volta il risparmio della chirurgia ginecologica 'ultra-soft' è uno studio dell'università Liuc di Castellanza, in provincia di Varese, che ha analizzato l'esperienza dell'azienda ospedaliera di Legnano nel Milanese, dove è bisturi-free almeno il 60% degli interventi di ginecologia (oltre 350 all'anno). E che da oggi al 7 giugno ospita un Corso di formazione che ha richiamato 'camici verdi' da tutta Italia. Lo studio è stato condotto dall'ingegner Alessio Damonti come tesi di un corso di perfezionamento in Health Technology Assessment (Hta), sotto il coordinamento di Emanuele Porazzi, docente della Scuola di ingegneria industriale Liuc e ricercatore del Crems (Centro di ricerca in economia e management in sanità e nel sociale) dell'ateneo.

Nell'ambito di un'analisi Hta negli ospedali pubblici e privati, è stata confrontata la chirurgia ginecologica transvaginale con quella laparoscopica nei presidi di Legnano e Magenta. "Abbiamo comparato tutte le fasi, dal pre al post-ricovero, in una tipologia di intervento e nell'altra - spiega Damonti all'Adnkronos Salute - ed è risultato che il costo totale di un intervento in colpoceliotomia (via transvaginale) è stato di 1.336 euro, contro i 1.789 della laparoscopia". Circa 450 euro di differenza che "nell'arco di un anno, considerando la casistica legnanese sulla quale abbiamo lavorato (118 interventi per via vaginale e 48 laparoscopie), producono un risparmio complessivo pari a circa 50 mila euro".

L'approccio mini-invasivo "ha prodotto un risparmio significativo sul budget annuale nonostante nella casistica esaminata - sottolinea Damonti - il numero di interventi transvaginali eseguiti fosse superiore al numero di quelli 'standard'. E nonostante un investimento iniziale di 5 mila euro necessario a formare gli operatori a questo tipo di chirurgia, ancora poco conosciuta e sottoutilizzata". Lo studio ha anche dimostrato che la chirurgia ginecologica 'soft' "migliora anche i processi organizzativi all'interno dell'azienda. In tempi di spending review, razionalizzazione e grande attenzione alla sostenibilità dei sistemi sanitari, i vantaggi rilevati suggeriscono l'opportunità di sviluppare e promuovere sempre di più questo tipo di metodica".

E' proprio questo l'obiettivo del 'Corso di chirurgia transvaginale - La chirurgia del passato e del futuro che distingue il chirurgo ginecologo', al via oggi all'ospedale di Legnano con 8 interventi trasmessi in diretta dalla sala operatoria all'aula dei lavori. Una '3 giorni' teorico-pratica accreditata Ecm, con 21 crediti formativi. Direttori del Corso Roberto Carminati, a capo dell'Unità operativa di ginecologia e ostetricia e del Dipartimento materno-infantile dell'Ao legnanese, pioniere italiano della ginecologia dolce con un primato di 10 mila interventi di cui 7 mila senza tagli, e Michele Meschia, primario di Ostetricia e ginecologia nel presidio di Magenta. Fra i relatori anche Massimo Luerti, presidente della Società italiana di endoscopia ginecologica (Segi).

"Attraverso la via vaginale possono essere effettuati gran parte degli interventi ginecologici", con poche eccezioni, evidenziano i promotori dell'evento. Questa "dovrebbe essere, a parere unanime della letteratura, la via di scelta per esempio per l'asportazione dell'utero. Purtroppo, però, il ricorso alla via vaginale sta diminuendo nelle realtà ospedaliere soprattutto per l'aumento della laparoscopia e per la maggiore difficoltà a effettuare una didattica specifica. A fronte del proliferare di corsi di formazione in laparoscopia, sono sempre meno gli eventi didattici che abbiano come tema la chirurgia transvaginale. L'obiettivo del Corso è sopperire a questa carenza". Addestrando i chirurghi ginecologi a un approccio 'naturale' che aiuta non solo la paziente, ma anche le casse del Ssn.

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