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Medicina: 'super-batteri' minacciano protesi, infezioni raddoppiate

19 giugno 2015 | 15.55
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Medicina: 'super-batteri' minacciano protesi, infezioni raddoppiate

Da un lato c'è il moltiplicarsi degli italiani che necessitano di protesi, in un Paese a crescita zero dove i morti superano i nati e l'Sos culle vuote è tornato ai livelli della Grande Guerra. Dall'altro c'è il boom dei super-batteri resistenti agli antibiotici, pronti a colpire appena trovano un punto debole da attaccare. Due emergenze che si incrociano producendo "un raddoppio" delle infezioni ai corpi esterni introdotti nell'organismo: non solo le protesi d'anca o di ginocchio, ma anche 'componenti' comuni utilizzati a ogni età. "Dalla banale lente a contatto agli impianti dentali; da viti, placche e chiodi usati in ortopedia ai device cardiovascolari o urologici, fino ai materiali della chirurgia plastica", spiega all'Adnkronos Salute Lorenzo Drago dell'Irccs Istituto ortopedico Galeazzi di Milano.

L'occasione è un convegno che prende il via nell'area Expo, con 350 iscritti da tutto il mondo tra ortopedici, microbiologi, infettivologi, odontoiatri e infermieri. Il 'Milano Biofilm Meeting 2015. Implantables and infection control: a promising future' - questo il titolo dell'evento che si chiude il 21 giugno - è presieduto da Drago, direttore del Dipartimento di microbiologia del Galeazzi, e Carlo Luca Romanò, direttore del Centro di chirurgia delle infezioni osteo-articolari dell'Istituto, una delle strutture del Gruppo ospedaliero San Donato. "Una protesi che s'infetta è una complicanza molto grave - avverte Drago - debilitante e invalidante per il paziente, e nei casi più seri potenzialmente mortale. Fortunatamente i numeri sono bassi, ma se fino ad alcuni anni fa le percentuali di infezione erano intorno allo 0,8-1%, ora arrivano al 2-5%". Almeno 2 volte tanto. "Con punte del 15-20% in caso di re-intervento per la sostituzione di una protesi infetta".

"Stafilococchi, soprattutto aureo ed epidermidis, e sempre più spesso anche batteri gram-negativi come lo Pseudomonas aeruginosa. Un germe ad alto rischio di invulnerabilità, a volte alla maggior parte dei farmaci disponibili". Questi i principali microrganismi che possono infettare una protesi, formando il cosiddetto biofilm batterico: una specie di scudo, una struttura complessa in cui questi nemici invisibili assumono un assetto auto-proteggente. In termini militari, una 'testuggine romana' impenetrabile sia agli antibiotici che al sistema immunitario.

'Complicanze paragonabili ai tumori per gravità e difficoltà di terapia'

Le infezioni protesiche rappresentano una delle prime cause di 'flop' dell'impianto, e il loro trattamento è particolarmente complesso proprio perché la pellicola del biofilm difende i batteri da controffensive interne ed esterne.

"I numeri sono in aumento innanzitutto per il progressivo invecchiamento della popolazione - prosegue Drago - Basti pensare che, secondo le stime, entro 20-30 anni almeno il 70-80% delle persone prima o poi avrà bisogno di una protesi. Va poi considerata la disponibilità di tecniche diagnostiche sempre più sofisticate e sensibili, in grado di rilevare infezioni di basso grado: agiscono meno velocemente di quelle acute, ma anche loro nel tempo erodono l'osso e portano al fallimento dell'attecchimento protesico". In altre parole bisogna re-intervenire, aumentando ulteriormente il rischio di infezioni resistenti. Un circolo vizioso che in caso di sepsi può uccidere.

"Nonostante i traguardi raggiunti dalla chirurgia ortopedica - afferma Romanò, già presidente della Società europea delle infezioni osteo-articolari - le infezioni rappresentano attualmente una delle complicanze più gravi e meno conosciute dell'intervento di protesi, soprattutto di anca o ginocchio. Analogamente, complicanze infettive si riscontrano in una percentuale variabile tra il 2% e il 20% dopo osteosintesi di fratture ossee. Ciò comporta un costo altissimo in termini sociali ed economici. Per gravità e difficoltà di trattamento, le infezioni ossee e degli impianti sono infatti paragonabili ai tumori".

Fra le armi protesi medicate o refrattarie e controlli a bocca e intestino

Come agire? "Utilizzando le più moderne tecnologie e con una migliore informazione - evidenzia l'esperto - molte complicanze infettive potrebbero essere prevenibili, o almeno diagnosticabili e curabili prima e meglio. Negli ultimi anni si sono fatti progressi importantissimi in questo settore, molti proprio grazie alla ricerca italiana ed europea: per esempio i sistemi di rivestimento antibatterico delle protesi o nuove tecniche di diagnosi rapida dell'infezione".

La prima regola è "usare il materiale protesico giusto in centri di chirurgia certificati e all'avanguardia - raccomanda Drago - Esistono infatti protesi rivestite di antibiotici, o disegnate in modo da essere refrattarie all'attacco batterico. Inoltre è fondamentale agire sulla prevenzione di tutti i fattori di rischio infettivo: diabete, obesità, fumo e altri stili di vita predisponenti. Naturalmente conta anche l'età del paziente: anche i giovani sono in pericolo, ma rispetto agli anziani sono più propensi a sviluppare infezioni ritardate".

"Una particolare attenzione - suggerisce infine lo specialista - va rivolta all'intestino e al cavo orale, porte d'ingresso dei batteri che poi passano nella circolazione sanguigna e colpiscono dove trovano un punto di minore resistenza, come una protesi. Monitorare le infezioni di questi distretti sembra dunque una strategia da promuovere in fase preventiva. Basta un microbioma (flora batterica) alterato - conclude Drago - per trasformare l'intestino in un 'colabrodo'" dal quale i germi possono riversarsi nel sangue, viaggiando nel corpo fino a trovare una casa.

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