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A 165 giovani scienziati i Grant 2016 della Fondazione Veronesi. L'oncologo: "Ora tocca a voi"

27 aprile 2016 | 20.11
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I vincitori dei Grant 2016 di Fondazione Veronesi
I vincitori dei Grant 2016 di Fondazione Veronesi

Ricevere un finanziamento per una ricerca "è un mandato a percorrere la larga via della conoscenza". Ma per portare avanti la missione "bisogna alzare gli occhi dal microscopio, guardare oltre i propri orizzonti", difendere "i grandi valori", consapevoli di avere un ruolo "fondamentale per il progresso dell'umanità. Da uomo che ha vissuto moltissimi anni nel mondo della scienza e della ricerca clinica, guardando da vicino la sofferenza e la morte, vi dico: ragazzi ora tocca a voi". L'oncologo Umberto Veronesi si rivolge direttamente ai giovani ricercatori - oggi a Milano nel giorno della consegna dei Grant messi in campo per il 2016 dalla Fondazione che porta il suo nome - in un passaggio di testimone ideale da uno scienziato in camice che ha dedicato la sua vita alla lotta contro il tumore al seno alle nuove leve della scienza.

In tutto i premiati sono 165, hanno dai 26 ai 34 anni e un progetto all'avanguardia nel cassetto con cui puntano a lasciare il segno nel campo dell'oncologia, delle malattie cardiovascolari e croniche, delle neuroscienze, della prevenzione e nutrigenomica. La Fondazione Umberto Veronesi ha deciso di investire sulle loro idee. Tre quarti sono donne e il 16% arriva da Paesi stranieri per svolgere i propri studi in un istituto di ricerca italiano per svolgere il loro lavoro. "Attiriamo cervelli da 21 Paesi. Arrivano in parte da Stati più avanzati sul fronte scientifico, e in parte da Paesi che hanno ancora bisogno di svilupparsi", sottolinea Veronesi. Vengono da Afghanistan, Argentina, Canada, Francia, Grecia, Iran, India, Irlanda, Lituania, Madagascar, Polonia, Repubblica Dominicana, Repubblica di Guinea, Russia, Stati Uniti, Spagna, Serbia e Montenegro, Ucraina e Venezuela. La carica di nuove leve della scienza con in tasca il Grant della Fondazione è al lavoro in 30 città, da Nord a Sud, da Palermo a Trento, da Milano a Roma. Fare ricerca, dice loro Veronesi, non è solo armeggiare con pipette e provette. E' molto di più, assicura. Lo è da sempre. "Già dai tempi di Dante", sottolinea ricordando il Canto ventiseiesimo dell'Inferno e un passo dell''Orazion picciola' ("Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza") pronunciata da Ulisse per convincere i suoi compagni di navigazione a rischiare. "La conoscenza deve essere l'obiettivo finale dei vostri sforzi. E' un bisogno primario per l'uomo, nutre le sue cellule cerebrali. Dal pensiero nascono le idee, dalle idee la creatività". E "da sempre la conoscenza viene messa in una posizione suprema della vita umana, come confermato 3 secoli dopo da Galileo Galilei che parlava di esplorazione dell'ignoto, che deve essere razionale. Sperimentare per conoscere. C'è dunque una lunga storia alle vostre spalle", ammonisce Veronesi.

Il futuro non sarà tutto in discesa, puntualizza lo scienziato. "Avete una vita difficile davanti. La scienza non è più quella di una volta, oggi 5 grandi aree disciplinari diverse si incrociano: genetica, robotica, informatica, nanotecnologia, come ci ricorda l'acronimo 'grin', e aggiungo statistica, senza la quale non ci sarebbe scienza". Le prospettive che questo incrocio di saperi può aprire sono "enormi", sottolinea.

Una sfida da cogliere con lo sguardo rivolto ai grandi valori. La scienza per Veronesi "deve avere una funzione civilizzatrice, al servizio dell'umanità. Ai giovani dico: alzate gli occhi dal microscopio e guardate più lontano dei vostri orizzonti. Guardate alla fame nel mondo e ai 3 milioni di bimbi che muoiono ogni anno, alla mortalità perinatale, alla difesa dell'ambiente, alla ricerca di fonti di energia alternative ai combustibili fossili. E ricordate di difendere i grandi valori, la scienza avanzata come massima espressione dell'intelletto e libertà, dominata da una madre: la pace, senza cui non si può procedere verso nessuna direzione". La scienza stessa, ribadisce l'oncologo, "è pace: basta guardare nei laboratori ragazzi di ogni cultura, religione e colore di pelle che lavorano fianco a fianco, attaccati l'uno all'altro. Noi - conclude - vogliamo importare questo".

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