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'Se mi lasci ti cancello', scoperto il gene che spazza via i brutti ricordi

30 giugno 2016 | 15.50
LETTURA: 3 minuti

Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Spegnere un gene per cancellare i brutti ricordi. Nei topi funziona, secondo un esperimento pubblicato su 'Biological Psychiatry' dai ricercatori della Katholieke Universiteit (KU) di Lovanio in Belgio, e del Leibniz Institute per la neurobiologia di Magdeburgo in Germania. Gli scienziati hanno applicato con successo nei roditori-cavia una tecnica di 'switch genetico' sulla porzione di Dna che codifica per la neuroplastina, un gene studiato finora da pochi gruppi nel mondo, ma ritenuto molto importante per la plasticità cerebrale. Negli uomini, cambiamenti nella sua regolazione sono stati recentemente associati alla riduzione delle facoltà intellettuali e alla schizofrenia.

L'équipe ha utilizzato per il test dei topi allenati a correre da un lato all'altro di una scatola non appena si accendeva un impulso luminoso, per evitare una 'scossa' alle zampe. Negli animali geneticamente modificati in modo da disattivare il gene della neuroplastina, rispetto ai roditori controllo in cui il gene funzionava normalmente, si è osservata una ridotta abilità nel corretto svolgimento dell'esercizio. In altre parole, i topi con il gene spento si erano dimenticati che alla luce sarebbe seguito lo stimolo fastidioso, e che per non sentirlo dovevano spostarsi.

"Siamo rimasti sorpresi nello scoprire che la disattivazione un singolo gene è sufficiente a cancellare la memoria associativa preacquisita o indotta durante le prove di apprendimento - commenta Detlef Balschun del Laboratorio di psicologia biologica della KU di Lovanio - Spegnere il gene della neuroplastina ha avuto un impatto sul comportamento dei topi, interferendo con la comunicazione tra le loro cellule cerebrali". Misurando i segnali elettrici nel cervello degli animali geneticamente modicati, infatti, il team ha rilevato chiari deficit nel meccanismo cellulare usato per memorizzare i ricordi. Cambiamenti erano visibili anche a livello dei singoli neuroni.

"Si tratta ancora di una ricerca di base - precisa Balschun - Abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per dimostrare se la neuroplastina svolge anche un ruolo in altre forme di apprendimento".

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