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Paolo salvato da un rene 'ringiovanito': "I miei pizzoccheri per festeggiare"

14 settembre 2016 | 18.44
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Paolo, rinato a 53 anni con un rene di 83
Paolo, rinato a 53 anni con un rene di 83

Riportare indietro le lancette del tempo è il sogno di tanti. Paolo, 53 anni della provincia di Sondrio, può raccontare che, almeno per uno degli organi attualmente nel suo corpo, questo sogno si è realizzato. E anche lui si sente adesso un po' come Benjamin Button. Il protagonista del film del 2008 diretto da David Fincher nasce con la salute di un novantenne e pian piano ringiovanisce. Paolo, affetto da una grave malattia ereditata dal padre, è rinato dopo aver ricevuto il dono di un rene di 83 anni che gli esperti del Policlinico di Milano hanno 'ringiovanito' per renderlo idoneo al trapianto. L'uomo si racconta all'AdnKronos Salute.

Una rinascita dentro e fuori. "Ora chi mi incontra per strada lo dice anche di me: sembri ringiovanito. Sicuramente dimostro meno anni del mio nuovo rene", scherza oggi che si è lasciato alle spalle il passato ed è tornato in Valtellina. Paolo ha scoperto la sua malattia, una policistosi renale, a 17 anni. Nel tempo, i suoi reni si sono trasformati in un ammasso di cisti. E hanno condizionato la sua esistenza. Un uomo di montagna, che - ironia della vita - per 21 anni ha costruito imbarcazioni. E che alla fine aveva lasciato il lavoro. "Gli ultimi 10 anni li ho passati seguendo una rigida dieta aproteica. Poi sono entrato in dialisi". Sembrava un destino segnato, un copione già visto: il padre la dialisi l'ha fatta per 22 anni.

Una schiavitù, "pesante soprattutto in estate". Invadente non solo perché impone attenzione meticolosa a cosa si mangia e a quanto si beve ("non più di mezzo litro d'acqua al giorno", spiega), ma anche perché vincola fin nelle vacanze: "Difficile dire 'stacco la spina per un weekend', se al sabato hai l'appuntamento fisso. Le vacanze vanno programmate bene, devi sempre preoccuparti che ci sia un centro dove fare il trattamento". Ma le sue piccole rivincite Paolo ha già cominciato a prendersele, in attesa di fare il suo primo viaggio "in libertà". Per festeggiare il rene nuovo, il primo sfizio che si è tolto è stato "un piatto di pizzoccheri fatti in casa", con le sue mani. "Del resto siamo in Valtellina. E a me piace cucinare. E ovviamente anche mangiare", sorride. E in linea con la 'location' c'è anche la "passione per la ricerca dei funghi", anche se "questa annata non è stata buona. Poca pioggia".

La seconda vita di Paolo comincia dunque con un 'passaggio di testimone' intergenerazionale. Il donatore che l'ha reso possibile è una donna. Tornato a Sondrio, "sono andato in chiesa e ho acceso un cero per ringraziarla. Una persona gentile che ha permesso una grande cosa", spiega il 53enne, a cui la vita ha insegnato quanto è importante donare gli organi. E' infatti un 'habitué' dei trapianti, visto che due anni fa ha ricevuto anche le cornee. "E speriamo di chiuderla qua", dice.

Paolo ricorda bene quando una sera il telefono è squillato. "Era il 19 luglio. Mi hanno detto: si prepari. Ho fatto tutti gli esami a Sondrio e il giorno dopo alle 7 del mattino ero a Milano per operarmi". Prima di allora era successo altre due volte. "Due falsi allarmi. La prima volta l'intervento è sfumato quando ero già davanti alla sala operatoria. E' stata una cosa scioccante. Nel secondo caso mi è stato proposto l'organo ma alla fine la valutazione è stata che era meglio non rischiare".

Poi la svolta. I medici lo chiamano e gli spiegano la circostanza particolare. "Mi hanno detto che il rene era perfettamente compatibile e mi hanno spiegato che era di una signora anziana". Paolo sapeva che poteva capitare così. "In fase preliminare, superati i 50 anni d'età, ti chiedono se accetteresti i reni di una persona anziana, opzione che ti permette di accorciare i tempi di attesa".

Nel suo caso gli esperti dell'Unità operativa di trapianto di rene del Policlinico di Milano, guidati da Mariano Ferraresso, hanno usato nuove macchine in dotazione all'ospedale per 'ricondizionare' il rene. Apparecchiature che, spiega Ferraresso, "consentono di purificare gli organi prelevati da donatori 'marginali', di una certa età nel nostro caso, da tutte quelle tossine ed eventi a cui vanno incontro dalla morte del paziente al successivo trapianto". Un salto indietro nel tempo che permette all'organo di tornare "alle stesse condizioni biologiche che aveva quando stava nel donatore".

La macchina consente di "garantire i parametri di perfusione con liquidi appositi e di mantenere aperta la circolazione e i vasi sanguigni. Si possono prelevare o iniettare sostanze che possono aiutare il ricondizionamento e ottimizzare l'uso di organi. La tecnica viene usata con successo per esempio in Gran Bretagna, dove ha portato a incrementare il numero di donatori di circa il 30%. Il che significa organi in più e tempi più rapidi per i pazienti in lista d'attesa", conclude Ferraresso.

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