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Aids ed epatite 'ingannano' il sistema immunitario: ecco come /Video

24 ottobre 2016 | 13.36
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Matteo Iannacone, scienziato italiano rientrato dagli Usa (foto: Irccs ospedale San Raffaele di Milano)
Matteo Iannacone, scienziato italiano rientrato dagli Usa (foto: Irccs ospedale San Raffaele di Milano)

Come fanno alcuni virus a dribblare le difese naturali dell'organismo, invadendolo e causando malattie? Gli scienziati dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano sono riusciti a spiegare per la prima volta la strategia adottata da alcuni microrganismi - come i virus dell'Aids (Hiv) e delle epatiti B e C (Hbv e Hcv) - per ingannare il sistema immunitario, 'impossessarsi' delle cellule bersaglio e proliferare liberamente. Il lavoro, pubblicato su 'Science Immunology', è coordinato da Matteo Iannacone, cervello italiano rientrato in patria dagli Usa, dopo aver vinto il 'Career Development Award' della Fondazione Armenise-Harvard, che gli ha permesso di aprire un nuovo laboratorio presso l'Istituto di via Olgettina.

Il team di ricerca - spiegano dal San Raffaele - ha utilizzato una rivoluzionaria tecnica di microscopia in vivo, la microscopia intravitale, che ha permesso di osservare dall'interno e in tempo reale come si comportano le cellule del sistema immunitario in azione. In genere quando un virus entra nell'organismo i linfociti B, un tipo di globuli bianchi, si attivano e producono anticorpi specifici: proteine a forma di Y che si attaccano alla superficie del microrganismo intruso, disattivandolo o segnalandolo ad altri 'poliziotti' del sistema immunitario che possono così riconoscerlo ed eliminarlo. Ma alcuni tipi di virus - come appunto Hiv, Hbv e Hcv - sono in grado di bloccare questo processo: evadono le difese e si moltiplicano nell'organismo, senza che il sistema immunitario possa fermarli. Il motivo per cui alcuni germi nemici vengono eliminati immediatamente e altri no è rimasto finora misterioso. Adesso gli studiosi milanesi forniscono una prima spiegazione a livello molecolare.

"Siamo andati a osservare con la microscopia intravitale cosa accade nei linfonodi, dove normalmente i linfociti B si attivano per produrre gli anticorpi - riferisce Iannacone, a capo dell'Unità di ricerca in dinamica delle risposte immunitarie, interna alla Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele -. L'obiettivo era capire cosa va storto nel funzionamento della risposta immunitaria". Gli scienziati hanno così osservato che i virus capaci di sfuggire alle difese immunitarie richiamano nei linfonodi una popolazione particolare di cellule - i monociti infiammatori - e le scatenano contro i linfociti B, uccidendoli: questo blocca la produzione di anticorpi permettendo al virus di proliferare.

"Una volta identificato il meccanismo che i virus sfruttano per persistere nell'ospite - prosegue Iannacone - abbiamo provato a intervenire direttamente sui monociti infiammatori che sembravano ostacolare la risposta immunitaria e abbiamo scoperto che eliminandoli, impedendone l'arrivo nei linfonodi o ancora disattivandone la funzione si ripristina una corretta risposta immunitaria: i linfociti B riescono di nuovo a produrre anticorpi così da eliminare il virus".

Per visualizzare le varie fasi della risposta immunitaria, Iannacone e colleghi hanno utilizzato il virus dei topi Lcmv, molto usato in campo scientifico per mimare alcuni tipi di infezioni virali nell'uomo, e in particolare quelle causate dai cosiddetti virus non-citopatici come Hiv, Hbv e Hcv. Gli scienziati ritengono dunque che il meccanismo messo in atto dall'Lcmv potrebbe essere lo stesso usato dai virus non-citopatici nell'uomo, per evitare di farsi eliminare dal sistema immunitario nelle prime fasi dell'infezione.

Il lavoro - finanziato da European Research Council (Erc), Fondazione Giovanni Armenise-Harvard, dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), European Molecular Biology Organization (Embo) e ministero della Salute italiano - potrebbe avere applicazioni anche nella progettazione dei vaccini, il cui obiettivo è proprio quello di indurre la produzione degli anticorpi. "Capire come alcuni virus sono in grado di impedirla può aiutarci a disegnare vaccini migliori", confidano gli autori.

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