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In utero le radici dall'Alzheimer, poca vitamina A può predisporre il cervello

27 gennaio 2017 | 18.53
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In utero le radici dall'Alzheimer, poca vitamina A può predisporre il cervello

Un effetto a catena con origini lontane. Le reazioni biochimiche che causano la malattia di Alzheimer potrebbero iniziare già nel grembo materno o subito dopo la nascita. E' quanto sostiene un team di scienziati dell'University of British Columbia, in base ai risultati ottenuti in uno studio condotto su topi geneticamente ingegnerizzati. La molla, secondo gli esperti, sarebbe la carenza di vitamina A: se il feto o il neonato non ne ricevono abbastanza, questa mancanza potrebbe incidere sulla 'programmazione' dei tessuti cerebrali predisponendo allo sviluppo più in là nella vita della malattia 'ladra di memoria'. Il lavoro, pubblicato su 'Acta Neuropathologica', suggerisce anche che i supplementi dati ai neonati con bassi livelli di vitamina A potrebbero essere efficaci nel rallentare la malattia degenerativa del cervello.

"Il nostro studio mostra chiaramente che la carenza marginale di vitamina A, già nella fase della gravidanza, ha un effetto negativo sullo sviluppo del cervello e ha un effetto di lunga durata che potrebbe facilitare la malattia di Alzheimer in età più avanzata", spiega Weihong Song, professore di psichiatria e ricercatore esperto nella malattia di Alzheimer.

Precedenti studi avevano già collegato bassi livelli di vitamina A con disturbi cognitivi. Il team, in collaborazione con Tingyu Li e colleghi dell'ospedale dei bambini della Chongqing Medical University, ha esaminato gli effetti della deprivazione di vitamina A nel grembo materno e nell'infanzia su un modello murino di Alzheimer. Questi primi stadi di sviluppo sono fasi cruciali durante cui il tessuto cerebrale viene 'programmato' per il resto della vita. I ricercatori hanno osservato che anche una carenza moderata di vitamina A aumenta la produzione di beta-amiloide, la proteina che forma le placche che soffocano e infine uccidono i neuroni nella malattia di Alzheimer.

L'équipe ha inoltre scoperto che i topi protagonisti della ricerca, quando privi di vitamina A, ottengono risultati peggiori nei test di apprendimento e memoria. Non solo: l'altro dato emerso è che i topi privi di vitamina A nel grembo materno, ai quali viene data una dieta normale da cuccioli, hanno performance peggiori di quelli che ricevono una quantità ordinaria di nutrienti nel grembo materno, ma poi dopo la nascita vengono privati dell'apporto di vitamina A. In altre parole, questo dimostrerebbe che il danno è già stato fatto nel grembo materno.

Song e colleghi hanno però mostrato che una certa 'inversione' è possibile: i topi privati ​​in utero di vitamina A e supportati dopo la nascita con integratori hanno risultati migliori sui test rispetto quelli che non ricevono proprio i supplementi. "In alcuni casi - chiarisce lo scienziato - somministrare integratori ai topi modello di Alzheimer da neonati potrebbe ridurre il livello di beta-amiloide e migliorare i deficit di apprendimento e memoria. La questione è: prima, tanto meglio".

Lo studio include anche nuove prove sugli esseri umani del collegamento vitamina A-demenza. Esaminando 330 anziani a Chongqing, Song e i suoi collaboratori hanno rilevato che il 75% di quelli con carenza lieve o rilevante aveva un deterioramento cognitivo, rispetto al 47% di quelli con livelli normali. Lo scienziato rassicura però sul fatto che la carenza di vitamina A è generalmente rara - anche se è comune in molte regioni a basso reddito di tutto il mondo - e un'eccessiva assunzione di nutrienti potrebbe essere dannosa. Le donne in gravidanza, in particolare, non devono assumere integratori di vitamina A eccessivi, continua. Una dieta equilibrata è il modo migliore per garantire adeguati livelli della sostanza nutritiva.

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