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Ricerca: encefalopatia epatica, 'quiz degli animali' made in Italy per svelarla

16 maggio 2017 | 16.34
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Ricerca: encefalopatia epatica, 'quiz degli animali' made in Italy per svelarla

Un cronometro e un obiettivo: elencare in un minuto il massimo numero di animali che vengono in mente. Sembra un banale quiz, invece è una cosa seria e l'esito potrebbe fare la differenza per un paziente con cirrosi e sospetta encefalopatia epatica - condizione causata dall'accumulo nel sangue di sostanze tossiche per il cervello che normalmente vengono rimosse dal fegato - aiutando in maniera semplice e immediata i camici bianchi a stanare il nemico anche quando non dà evidenti segni di sé.

Il test è 'made in Italy'. L'hanno messo a punto scienziati dell'università di Padova, che hanno presentato il loro lavoro (lo studio si è guadagnato le pagine della rivista scientifica 'Hepatology') in diversi congressi internazionali, suscitando l'entusiasmo degli specialisti perché "è uno strumento rapido e a costo zero, adatto a essere impiegato nella routine. Lo può utilizzare chiunque e consente di lavorare accanto al malato senza portarlo in centri particolari con competenze ultra specializzate", spiega all'AdnKronos Salute Sara Montagnese, in forze al Dipartimento di medicina dell'università di Padova.

Quello della diagnosi è un momento cruciale. "Le linee guida più recenti suggeriscono che idealmente ogni paziente a rischio dovrebbe essere valutato", si legge nello studio. Ma se l'encefalopatia epatica, che produce un chiaro disorientamento nel tempo, nello spazio e nell'identità, viene più facilmente rilevata, è invece difficile intercettare e quantificare condizioni in cui è latente e asintomatica (encefalopatia minima), al punto che solo test psicometrici o strumenti neurofisiologici possono fotografarla. Lo stesso problema si ha quando i sintomi sono appena accennati o quando l'encefalopatia epatica produce segni clinici poco definiti (stadio 1).

La forma più diffusa di encefalopatia epatica è quella di tipo C, complicanza della cirrosi epatica, acuta e cronica, e affligge il 30-40% dei pazienti con cirrosi. Il problema di salute è rilevante, osservano gli esperti, poiché anche nella sua espressione minima si associa a un aumento del carico assistenziale per il caregiver, a una prognosi scarsa, a un aumento del rischio di attacchi gravi. E va identificata anche per differenziarla in un ampio spettro di disturbi mentali. Il team italiano si è concentrato sull'applicabilità di un test facilmente eseguibile al letto del malato o in ambulatorio per ottenere una valutazione sistematica e rapida dei pazienti con cirrosi per i quali l'encefalopatia epatica non si accompagna a un evidente disorientamento.

La scelta è ricaduta sui nomi degli animali. L'Animal naming test (Ant) è un test di fluenza semantica. E per ottenere una prestazione adeguata richiede un'organizzazione efficiente dell'attività di recupero delle parole e degli aspetti di controllo della cognizione (il partecipante deve tenere traccia dei nomi già forniti), ma anche uno sforzo di autoattivazione, e l'inibizione delle risposte quando opportuno. Abilità cognitive che richiedono funzioni esecutive efficienti, oltre a un'adeguata memoria. La presenza di uno stadio iniziale di encefalopatia epatica, che pregiudica le funzioni esecutive, dunque, dovrebbe danneggiare la fluenza semantica.

Il test è "sensibile alle funzioni cognitive relative alla corteccia prefrontale-aree corticali anteriori, che sono particolarmente vulnerabili all'encefalopatia epatica nelle sue fasi iniziali. Di conseguenza il suo utilizzo può essere ragionevolmente ipotizzato come facile strumento di prima linea per indagare il disturbo". Si presta anche perché, fa notare Montagnese, "ragionevolmente la conoscenza dei nomi di animali è diffusa nelle persone di ogni cultura e l'influenza dell'età, dell'istruzione e del genere risulta limitata, e non risente particolarmente del numero di volte che il test viene fatto".

Lo studio è servito per standardizzare il test in un campione di soggetti sani, confrontarlo con gli strumenti standard per la valutazione dell'encefalopatia epatica, produrre un semplice sistema di punteggio e valutare il valore prognostico dello strumento. "Noi lo utilizziamo da tempo e riteniamo si presti al servizio", dice Montagnese. Il quiz è stato testato su un gruppo di controllo di 208 soggetti sani e 40 con malattie infiammatorie intestinali e su 327 pazienti con cirrosi. Di questi ultimi, 169 non avevano encefalopatia epatica, 32 un'encefalopatia epatica di grado 2 o superiore, e 126 un'encefalopatia minima o di grado 1.

Si è visto così che la soglia di 15 animali discrimina fra i soggetti 'integri' e quelli con forma minima o di grado 1, e che i risultati di ciascun gruppo peggiorano in linea con la gravità dell'encefalopatia. E' stato dunque stabilito un punteggio (0 per un numero uguale o superiore a 15 animali, 1 per meno di 15 e 2 per meno di 10). Si richiedono piccoli aggiustamenti di soglia per età molto avanzata e per livelli di istruzione molto bassi. Dal lavoro emerge in conclusione il valore prognostico del test rispetto al rischio di sviluppare un'encefalopatia manifesta.

Questa condizione, spiega Montagnese, "è tendenzialmente reversibile. L'aumento in circolo di sostanze tossiche, prima fra tutte l'ammoniaca, porta alterazioni transitorie su alcune cellule del cervello, gli astrociti, che si gonfiano e creano subedema, o eccesso di liquido nel cervello".

Esistono forme "agitate e rallentate, ma prevale il rallentamento - continua l'esperta - Il paziente, cioè, tende a presentarsi lento nella produzione mentale e nel movimento. Il rallentamento psicomotorio è un sintomo chiave della sindrome, qualche volta una confusione mentale franca e un certo grado di inadeguatezza. Prima ancora può presentarsi con disforia", una tendenza al nervosismo, irritabilità "e disinibizione". Segni che possono cogliere "i familiari o i medici che conoscono meglio il paziente". Nelle forme franche "si può arrivare fino al coma epatico".

"In circa il 60% dei casi l'encefalopatia epatica è precipitata - prosegue Montagnese - L'idea è quella di cogliere un eventuale sintomo prima di trovarsi in presenza di una diagnosi ovvia. E l'obiettivo di un riconoscimento e intervento precoce in generale sarebbe di evitare, nel limite possibile, l'ospedalizzazione. Anche perché l'encefalopatia epatica ha un tasso di recidiva piuttosto elevato. Sia nelle casistiche italiane che americane è seconda, in qualche caso prima, causa di riospedalizzazione. Secondo dati di ospedali del Nord Italia, in un terzo dei casi il paziente torna nel successivo anno e mezzo dal primo evento".

A creare problemi nell'inquadramento della condizione, conclude la specialista, è il fatto che "non c'è un sintomo assolutamente caratteristico di questa malattia. Un punto fermo è l'iperammoniemia", un'elevata concentrazione di ammonio nel sangue. "Le terapie per l'episodio conclamato sono il trattamento del fattore scatenante, se si individua, poi la terapia con disaccaridi o con un antibiotico non assorbibile", farmaco che ha un'azione inibitoria verso la crescita della flora batterica intestinale produttrice di ammoniaca. "La consuetudine di dare consigli dietetici va invece moderata, le modifiche al regime alimentare hanno senso in casi molto specifici".

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