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Lanzetta: "L'onda rosa del primo trapianto di mano"

08 ottobre 2018 | 17.39
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Lanzetta:

A vent'anni dal 23 settembre 1998, sono due i momenti scolpiti nella memoria di Marco Lanzetta, direttore scientifico dell'Istituto italiano di chirurgia della mano, fra gli autori del primo trapianto di mano da cadavere a livello mondiale (e del primo doppio trapianto di mano): "L'ultimo giorno passato a leggere e studiare per preparare l'intervento, e poi l'attimo in cui si lasciano andare i clamps e il sangue ricomincia a irrorare la mano trapiantata. E' un momento critico, in cui ci si gioca tutto. La mano cambia colore e un''onda rosa' arriva fino alla punta delle dita. Tre o 4 minuti davvero emozionanti, in cui sono rimasto quasi senza fiato", confida all'AdnKronos Salute Lanzetta, che per una volta ha posato il bisturi e preso la penna per raccontare dal suo punto di vista l'avventura del primo trapianto di mano.

"La chiave del successo o del fallimento è in questi vasi, più fini di un capello umano", racconta l'esperto. In 'Una mano più in là' (Cairo), il chirurgo ricostruisce il cammino a ostacoli per raggiungere un primato atteso da duemila anni, cioè dal miracolo attribuito ai Santi Cosma e Damiano. Non sono mancati i dubbi: come sarà percepire le sensazioni dall'arto che era di un altro? E se qualcuno, con la nuova mano, commette un crimine? Poi c'è il rischio legato al fatto di sottovalutare l'importanza di continuare ad assumere i farmaci anti-rigetto. E l'aspetto psicologico del dover vivere con l'arto di un altro.

Per lo stesso Lanzetta, Clint Hallam - il neozelandese protagonista dell'intervento - resterà "per sempre un mistero. Dopo circa 2 anni dall'operazione ha sospeso l'assunzione dei farmaci e la mano è andata incontro a rigetto. Nel 2001 - ricorda - gli è stata asportata e non ho saputo più nulla di lui fino a circa 2 anni dopo, quando mi ha ricontattato supplicandomi di rifare il trapianto di mano, perché si era pentito. Non gli ho risposto".

"Con i miei quattro pazienti italiani e i due francesi, la mia serie resta ancora la più grande al mondo. Ma rispetto a vent'anni fa - aggiunge Lanzetta - molte cose sono cambiate: la ricerca sulle protesi ha fatto passi da gigante, e i primi risultati sulla sensibilità artificiale hanno portato proprio le protesi a essere spesso la soluzione più indicata per chi ha perso un arto. Questo anche perché i farmaci anti-rigetto, invece, sono sempre gli stessi da vent'anni, efficaci ma con effetti collaterali, e allora spesso il gioco non vale la candela. Insomma, il trapianto di mano è diventato la soluzione di serie B".

Dal 1998 non è cambiata solo la medicina. "Io sono diverso - confida nel libro Lanzetta - Il trapianto ha cambiato la mia vita due volte, in meglio e in peggio. Da un lato ha completato il senso del mio lavoro portandomi in regalo esperienza, saggezza, notorietà. Dall'altro ho dovuto combattere l'ignoranza, le invidie, le gelosie e le cattiverie di chi si affida a questi sentimenti per cercare di prevalere sul prossimo".

"Rifarei tutto da campo - conclude - E poi, se ci penso, so che una cosa non potrà cambiare, mai: sono stato il primo".

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