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Alzheimer, scoperte 5 nuove varianti genetiche

04 aprile 2019 | 14.47
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Più luce sull'origine della malattia che ruba i ricordi. Sono cinque le nuove varianti genetiche associate allo sviluppo dell'Alzheimer scoperte da uno studio internazionale di cui fa parte anche l'università degli Studi di Milano. Grazie a questo risultato, è stato possibile identificare nuovi potenziali geni implicati nei meccanismi biologici alla base della patologia. Lo studio, pubblicato su 'Nature Genetics', è stato condotto da un team di cui fanno parte Elio Scarpini, docente del Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti, e Daniela Galimberti, ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche, del Centro Dino Ferrari della Statale, specializzato in ricerca, diagnosi e terapia delle malattie neuromuscolari e neurodegenerative.

Per gli esperti si tratta del più grande studio genetico ad oggi realizzato, grazie al contributo di più di 300 gruppi di ricerca sia europei che americani, riuniti e coordinati in un unico grande consorzio multinazionale, che hanno studiato il Dna di più di 94.000 soggetti.

La malattia di Alzheimer rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione con più di 65 anni, è una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale che porta a un declino cognitivo sempre più grave e che dipende sia da fattori genetici che ambientali.

La ricerca ha confermato il ruolo di diversi geni identificati già in precedenza come fattori di rischio per l'insorgenza della malattia (come quelli legati al metabolismo dei lipidi, della proteina beta amiloide e della proteina Tau), ma sono stati anche identificati nuovi geni candidati, fortemente associati all'infiammazione e all'immunità.

Secondo Galimberti, "i risultati che abbiamo ottenuto sottolineano come l'immunità di base, se alterata, abbia importanti ripercussioni sull’insorgere della malattia".

"I risultati genetici oggi pubblicati confermano che i meccanismi causali della malattia di Alzheimer hanno una significativa componente immunologica, con importanti implicazioni per le future strategie terapeutiche", conclude Scarpini.

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