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Silvestri: "Bassissimo rischio da bimbi asintomatici"

09 giugno 2020 | 10.17
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Gli studi sulla possibilità di infettarsi e di trasmettere l’infezione da Sars-CoV-2 da parte dei bambini e ragazzi "sono ancora in evoluzione in tutto il mondo, sebbene sia ormai noto che essi rappresentino una percentuale molto bassa dei casi documentati di Covid-19. Le revisioni sistematiche condotte finora sono rassicuranti e suggeriscono che i bambini asintomatici trasmettano l’infezione con bassissima probabilità e che l’efficacia della chiusura delle scuole nel contenimento del contagio durante epidemie pregresse da Coronavirus (Sars, Mers) e in quella da Sars-CoV-2 è molto bassa". Lo scrive il virologo Guido Silvestri docente negli Usa alla Emory University di Atlanta, nella sua rubrica social 'Pillole di ottimismo'.

Silvestri analizza la questione in un in un focus realizzato con Raffaella Buscemi (chimico, Rspp e formatrice per la sicurezza sul lavoro), Margherita Carletti (biomatematica, Università degli Studi di Urbino), Domenico Maria Cavallo (ordinario di Medicina del Lavoro, Università degli Studi dell'Insubria); Marilena Falcone (Ingegnere); Sara Gandini (epidemiologa biostatistica, Ieo); Maria Luisa Sacchi (Ingegnere elettronico, Mba) e Stefano Tasca (pediatra neonatologo, Casa di Cura Città di Roma). "Come evidenziato dalle associazioni dei pediatri di ogni nazione, il lockdown con conseguente chiusura di asili e scuole per lungo tempo, ha fatto emergere, oltre a un inevitabile ritardo didattico, manifestazioni di disagio psicologico preoccupanti, effetto della prolungata mancanza di occasioni educative e di tempi adeguati di socializzazione", ricorda il gruppo.

"Secondo l’American Academy of Pediatrics il ritorno a scuola è necessario per lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale dei bambini e dei ragazzi, per attenuare, se non eliminare, le differenze socio-economiche dell’ambiente di provenienza ed evitare l’enorme disparità di accesso alle metodiche di didattica a distanza tra gli alunni, in modo particolare per gli alunni con disabilità".

Recentemente è stato condotto uno studio, diretto da Robert Cohen, infettivologo pediatrico presso l’ospedale di Créteil e vicepresidente della Società pediatrica francese nella regione di Parigi, da 27 pediatri di città su 605 bambini, molti dei quali di età inferiore agli 11 anni e con o senza sintomi, ricorda il gruppo di Silvestri ricostruendo lo studio. Cohen ha affermato che ora "sappiamo che i bambini sono meno portatori, sono meno contagiati", sottolineando inoltre che i bambini sono meno pericolosi per i loro nonni rispetto ai loro genitori. "In una regione fortemente colpita dall’epidemia come la regione dell’Ile de France, pochissimi bambini (1,8%) sono risultati positivi" al test virologico, scrivono gli autori.

"Ma il tasso di bambini che sono risultati positivi al test sierologico è risultato più alto", con il 10,7%. Dei 65 bambini che sono risultati positivi, l’87,3% aveva avuto un contatto confermato o sospetto con il Covid-19 in famiglia, di solito un adulto. Di fatto, il numero di fratelli e sorelle nella famiglia non ha aumentato significativamente la probabilità di un risultato positivo al test virologico o sierologico, notano gli autori. Lo studio certamente ha dei limiti, sottolinea lo stesso Cohen. Il rischio comunque "non è nullo, l’evidenza scientifica sta evolvendo velocemente e bisogna tenere conto delle paure di insegnanti e personale scolastico", aggiunge il gruppo di Silvestri.

Allo stato attuale delle evidenze scientifiche, risulta dunque "fondamentale che gli stati si dotino di un piano che possa evolvere con l’andamento degli studi su Covid-19 e bambini e che sia flessibile, capace cioè di adattarsi velocemente alle nuove conoscenze e agli eventi". Uno studio annunciato dal National Institutes of Health, lo Human Epidemiology and Response to Sars-CoV 2 (Heros), esaminerà i 'pattern' di trasmissione del virus seguendo 2000 famiglie per sei mesi per capire anche meglio il ruolo del bambino nella trasmissione o sviluppo del virus.

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