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Covid, "danni neurologici? Effetti rari, niente allarmismi"

20 luglio 2020 | 13.59
LETTURA: 3 minuti

Lo spiega Alessandro Padovani, segretario della Società italiana di neurologia (Sin)

(Afp)
(Afp)

Danni neurologici da Covid? "Attenzione, ma niente allarmismi". La possibilità di un interessamento diretto del virus nel cervello, infatti, "è abbastanza remota. Questo non significa che non siano possibili casi di coinvolgimento del sistema nervoso centrale e periferico durante l’infezione Covid-19, oppure a distanza di tempo, ma si può dire che tale evenienza è poco frequente". Lo spiega Alessandro Padovani, segretario della Società italiana di neurologia (Sin) in una nota in cui la Società cerca di fare chiarezza sulla questione al centro di diversi studi, secondo i quali la Covid-19 "ha causato un elevato numero di complicanze neurologiche soprattutto nei pazienti più anziani con sintomi respiratori tali da richiedere un ricovero ospedaliero".

Gli studi in questione hanno dimostrato, spiega la Sin,"che l’infezione può indurre, in un certo numero di casi pari a circa il 10% di tutte le manifestazioni neurologiche, la comparsa di reazioni infiammatorie e immunitarie che coinvolgono il sistema nervoso causando la comparsa di encefaliti, meningo-encefaliti, mieliti, polinevriti, e miositi. L’elemento nuovo è la possibilità che persone colpite dal virus Covid-19 possano sviluppare complicanze neurologiche anche a distanza di tempo dal contagio, così come anche in presenza di sintomi respiratori modesti. Uno studio recente condotto in Inghilterra suggerisce che un coinvolgimento tardivo del sistema nervoso centrale e periferico rappresenta il 20% di tutte le complicazioni neurologiche".

Se è vero però che nei pazienti Covid-19 è stato riscontrato un aumento di complicazioni neurologiche anche in persone giovani, continua la nota Sin,"è altrettanto vero che queste potrebbero anche non essere correlate direttamente al virus, la relazione eziologica deve quindi essere valutata in ogni singolo paziente". "Nonostante diversi autori abbiano riportato la possibilità di una invasione del virus Sars-Cov-2 nelle cellule nervose - dice Alessandro Padovani - ad oggi questa dimostrazione è riportata solo in condizioni sperimentali e non ci sono evidenze di infezioni virali nel cervello o nel midollo. Anzi, si può affermare che la possibilità di un interessamento diretto del virus nel cervello è abbastanza remota".

Ѐ noto che le infezioni virali di per sé inducono una rilevante reazione infiammatoria che non coinvolge unicamente le vie respiratorie. Anzi, nel caso di Covid-19, la reazione infiammatoria è decisamente forte per l'ampia produzione di citochine che può determinare un’attivazione immunitaria in molti tessuti. Dopo l’epidemia, infatti, si è evidenziato un aumento dei casi di reazioni autoimmuni.

"Ad oggi – continua Gioacchino Tedeschi, presidente - abbiamo a disposizione diverse strategie terapeutiche con farmaci antiinfiammatori, farmaci immunosoppressori, trattamenti con immunoglobuline e con plasmaferesi. Vi sono evidenze che la terapia con farmaci cortisonici e terapie immunomodulanti è in grado di controllare la maggior parte di questi casi. Fondamentale è quindi identificare i casi correlati a Covid19 e stabilire se vi sia una correlazione con la pregressa infezione".

A chi ha avuto un’infezione o è stato a contatto con pazienti Covid la sin consiglia, per prima cosa, di tener presente che in molti casi il contagio non provoca malattia o sintomi. In secondo luogo, la comparsa di un evento o disturbo neurologico non comporta necessariamente che la manifestazione neurologica sia legata con l’eventuale contagio. Nei pazienti che si sono ammalati di Covid il consiglio è quello di riportare tempestivamente al proprio medico di famiglia eventuali disturbi, sia che siano insorti durante l’infezione che a distanza di tempo. Nel caso di disturbi persistenti, è fondamentale una valutazione specialistica neurologica.

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