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Ebola: così abbiamo curato il 'paziente zero', Spallanzani pubblica terapia

23 ottobre 2015 | 17.23
LETTURA: 4 minuti

Ebola: così abbiamo curato il 'paziente zero', Spallanzani pubblica terapia

La lotta all'Ebola del team dell'Inmi Spallanzani di Roma, nei 39 giorni di ricovero del primo paziente italiano affetto dal virus - il medico di Emergency Fabrizio Pulvirenti - è stata pubblicata sulla rivista 'BMC Infectious Diseases'. Il lavoro ripercorre l'impegno per la gestione della polmonite interstiziale, l'analisi critica delle situazioni, la lista di tutte le persone e le istituzioni coinvolte "in una grandissima catena di collaborazione scientifica e solidarietà umana", sottolinea lo Spallanzani. Un ruolo determinante per l'evoluzione positiva del caso "ha avuto sicuramente la ventilazione meccanica, che ha permesso le ripresa delle funzioni respiratorie - spiegano gli specialisti - e la terapia antimalarica somministrata anche se non c'era rilevanza della presenza".

Gli esperti sostengono che, quando necessaria, tutti i pazienti affetti da Ebola dovrebbero potere avere accesso alla ventilazione meccanica, nonostante esistano ancora esperienze limitate e grandi problemi logistici e di sicurezza per gli operatori. Suggeriscono inoltre che la terapia antimalarica vada somministrata anche in assenza di dati rilevabili, e comunque in via precauzionale come altri farmaci contro le infezioni. Mentre per i trattamenti sperimentali anti-Ebola utilizzati sono necessarie ulteriori ricerche.

La notizia di un primo possibile caso italiano di Ebola arrivò il 24 novembre 2014 quando Emergency annunciò, senza rivelarne il nome, che un suo operatore in Sierra Leone aveva i sintomi della malattia. Era Fabrizio Pulvirenti, che fu trasferito in Italia e ricoverato allo Spallanzani. I bollettini medici emessi dall'ospedale evidenziavano febbre molto alta e altre complicazioni polmonati causate dal virus. Solo il 2 gennaio 2015 i medici dello Spallanzani annunciarono la guarigione di Pulvirenti. Lo stesso iter è stato seguito per Stefano Marongiu, l'infermiere di Emergency curato tra maggio e giugno scorso, sempre allo Spallanzani. I due sono ad oggi gli unici pazienti italiani colpiti dal virus.

Gli esperti, servono ulteriori ricerche su trattamenti sperimentali

Una settimana dopo il ricovero, mentre la carica virale di Ebola scendeva dopo l'uso di farmaci sperimentali - ricostruisce lo studio - si evidenziava un'infiltrazione polmonare bilaterale con conseguenti gravi difficoltà respiratorie. Da qui la decisione della respirazione assistita e dell'inizio della ventilazione meccanica al nono giorno di ricovero. La complicanza principale è stata la polmonite interstiziale ed è stata documentata la presenza di acidi nucleici nel bronco aspirato, mentre il livello di virus nel sangue era molto inferiore.

Per i trattamenti sperimentali utilizzati (plasma di convalescente, favipiravir, anticorpi monoclonali ZMab e melanocotina) sono necessarie ulteriori ricerche di trasferimento (traslazionale), precisano i medici dello Spallanzani. In particolare subito dopo la somministrazione ZMAb, è stato documentato un significativo calo viremico.

Il lavoro riporta in appendice l'elenco degli organismi, delle istituzioni, dei produttori di farmaci, agenzie di trasporto, che sono stati impegnati in Italia ed all’estero per garantire l’acceso ed il trasporto dei farmaci.

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