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L'era del corpo stampato in 3D, a Varese a scuola di futuro

15 aprile 2016 | 15.30
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L'università Liuc di Castellanza esplora le potenzialità della stampa 3D in sanità - (fonte: Liuc)
L'università Liuc di Castellanza esplora le potenzialità della stampa 3D in sanità - (fonte: Liuc)

Un futuro stampato in 3D. E' quello a cui la scienza sta lavorando, inseguendo il sogno (sempre più reale) di organi e tessuti costruiti in laboratorio. In giro per il mondo team di ricercatori già si cimentano nella produzione di cartilagine con 'inchiostro' contenente cellule umane, progettano di sviluppare pelle umana stampata in 3D e si spingono a caccia di metodi per dare alle stampe 'mattoncini' di staminali. Anche i cervelli italiani fanno la loro parte. Ma ora e qui, precisamente nel Varesino, c'è un ateneo, la Liuc-università Cattaneo di Castellanza, che vuole indagare sulle ricadute concrete del presente - organizzative ed economiche - che la stampa 3D può avere per le aziende sanitarie.

"Come cambierà la loro vita quotidiana, il modo di lavorare", spiega all'AdnKronos Salute Emanuele Porazzi, ricercatore under 40. L'ambizione è arrivare a lanciare a breve, da pionieri, un 'Corso di stampa in 3D', per dare ai professionisti gli strumenti e le competenze per arrivare pronti alla rivoluzione delle 3 dimensioni. Il percorso è già avviato, grazie alla sinergia fra due realtà dell'ateneo: da un lato 'SmartUp - Laboratorio fabbricazione digitale', un acceleratore di nuove idee e progetti e anima di SmartUp, progetto attivato in collaborazione con l'Unione degli industriali della provincia di Varese; dall'altro il Crems, Centro di ricerca in economia e management in sanità e nel sociale. Il 14 aprile si è tenuto un primo workshop sul tema, da 'tutto esaurito' con un centinaio di persone. Segno dell'interesse che riscuotono le promesse della stampa 3D. Che è anche low cost: i prezzi di una stampante variano da 500 a oltre 6 mila euro.

La Liuc ha cominciato a esplorare a fine 2012. Prima recependo i fabbisogni degli industriali di Varese e avviando partnership con loro. E contemporaneamente curando l'aspetto didattico con il coinvolgimento per esempio degli studenti del corso di laurea in Ingegneria gestionale, ma anche di ragazzi delle scuole superiori. Protagonista dei laboratori la creatività: in 3D sono stati stampati dagli occhiali per il locale distretto dell'occhialeria, fino ai progetti dei ragazzi "come particolari torce il cui guscio si illumina la notte dopo aver incamerato luce", riferisce Vittorio Satta, ricercatore SmartUp, anche lui under 40. Da qui alle repliche anatomiche il passo è stato breve.

Ed è così che "mediante l'utilizzo l'utilizzo di stampanti 3d e la manipolazione di dati ricavati da radiografie ospedaliere, rese opportunamente anonime, abbiamo stampato in scala 1:1 la colonna vertebrale di una persona alta 195 centimetri, o la rappresentazione di un ginocchio" che ha permesso di esplorare la modalità di un intervento al menisco. Inizialmente l'avventura 3D dell'ateneo è stata coltivata con "stampanti a km zero". Poi, in partnership con un'azienda Usa, nel parco macchine dell'università sono entrate oltre 20 stampanti hi-tech e si è scelto di investire sulla nascita del 'Makerbot Innovation Center'.

"I filoni applicativi che si aprono oggi per la stampa 3D in sanità sono essenzialmente 3. Il primo - elenca Satta - è l'utilizzo di repliche anatomiche realizzate con questi strumenti per la simulazione e la preparazione di interventi complessi che prevedono il coinvolgimento di più équipe. Gli specialisti possono perfezionare il processo operatorio" su una 'copia' ultrarealistica delle parti del corpo del paziente.

Un'altra macroattività, continua l'esperto, "è quella dei training e di tutta la parte didattica, dove le repliche anatomiche 3D diventano campo di prova" per camici in erba , "segnando un passaggio dalla diagnostica per immagini alla diagnostica per volumi". Terzo aspetto "la comunicazione medico-paziente che può essere favorita dall'uso della stampa 3D, aumentando nel malato la consapevolezza dell'intervento che dovrà subire".

Alla Liuc si usano materiali termoplastici e bio come il Pla (acido polilattico), ottenuto dalla fermentazione del destrosio derivato dal mais. L'esplorazione delle potenzialità della stampa 3D in sanità è partita in ateneo "con partner operanti nel campo dell'ortopedia, come l'Irccs Galeazzi di Milano, e nella neurochirurgia come l'Irccs Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano)". E ancora con la Federazione nazionale dei Collegi professionali tecnici sanitari.

"E' fondamentale misurare l'impatto qualitativo ed economico di queste nuove tecnologie e le ricadute manageriali", osserva Porazzi, in forze al Crems. E in questo viene in aiuto l'Health technology assessment (Hta). Per esempio: l'era delle repliche anatomiche in 3D comporterà una migliore organizzazione o minori errori?

Il Corso di formazione dedicato all'area 3D in sanità che la Liuc ha messo in cantiere punta a questo e si avvarrà della collaborazione con Aitasit, l'Associazione scientifica che riunisce i tecnici sanitari di radiologia medica, specialisti nella gestione dei sistemi informativi in diagnostica per immagini e telemedicina. Un corso che "pensiamo in primis per chi un domani voglia utilizzare la nuova tecnologia per innovare in ambito sanitario. La figura che si candida per gestire quest'area è il tecnico di radiologia, ma anche clinici interessati" al tema devono saperne di più. L'idea è "dare vita al percorso formativo per fine anno". Quel che è certo, concludono Satta e Porazzi, è che "siamo all'inizio di una lunga strada".

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