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Vaccino contro l'influenza, 9 medici su 10 non lo fanno

13 ottobre 2016 | 17.31
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Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

I medici e gli operatori sanitari non danno il miglior esempio quando si tratta di vaccinarsi contro l'infuenza. Una pratica che dovrebbe essere acquisita per una categoria tenuta a proteggere i pazienti e garantire assistenza durante le epidemie, ma a cui si sottopone solo una piccola percentuale dei medici, tra il 12 e il 13%. In pratica quasi il 90% di dottori e infermieri non lo fa: una percentuale più alta di quella registrata negli altri Paesi europei. "E' una vergogna per la categoria, una grave mancanza di rispetto di una misura importante per ridurre i rischi legati alla diffusione dell'epidemia", dice all'Adnkronos Salute Paolo Bonanni, docente di Igiene dell'Università di Firenze e componente della Società d'Igiene Siti.

"Se medici e infermieri non si vaccinano - spiega Bonanni - fanno un pessimo servizio ai loro pazienti e alla sanità in generale. Questa misura, infatti, per quanto riguarda gli operatori ha una triplice valenza. In primo luogo, infatti, permette di ridurre i rischi di trasmettere il virus ai pazienti e quindi tutela gli assistiti. In secondo luogo tutela il funzionamento del servizio sanitario nei momenti in cui l'epidemia influenzale rischia di metterlo in crisi: i medici e gli infermieri vaccinati si ammalano meno e quindi consentono di garantire l'assistenza". Infine, non meno importante, l'aspetto della testimonianza. "E' difficile convincere i cittadini a vaccinarsi se poi sono proprio i medici a non vaccinarsi. L'esempio è un fattore di comunicazione importante".

La scarsa sensibilità dei medici alla vaccinazione influenzale - a cui come categoria che garantisce un servizio pubblico sono tenuti, anche se non obbligati - non è però un fenomeno solo italiano. "E' abbastanza diffusa a livello internazionale - aggiunge Bonanni - ma la media di vaccinati italiana è più bassa". I dati più recenti a disposizione indicano il 12-13% nel nostro Paese, contro percentuali che vanno dal 15 al 29% di Paesi come Inghilterra, Germania e Francia.

"Il personale sanitario così - dice Bonanni- rischia di diventare un anello della catena di trasmissione. Inoltre ci sono reparti ospedalieri dove si possono creare rischi importanti. La vaccinazione non è sicuramente una garanzia ma è il migliore strumento di prevenzione che abbiamo e va usato. E' importante fare qualcosa per invertire la tendenza. Anche i pazienti possono intervenire: dovrebbero, per esempio, esigere che il proprio medico li informi se si vaccina o se non lo fa".

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