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Infezione Seu, "nessun rischio epidemia"

25 agosto 2017 | 14.07
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"Non c'è rischio epidemia", ma "occorre mantenere alto il rispetto delle norme igieniche". Il richiamo arriva dagli esperti della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, dopo il decesso della bambina di due anni di Corato (Bari) a causa dell'infezione Seu (Sindrome emolitico-uremica), e il caso di un'altra bimba di 18 mesi in vacanza nel Salento, colpita nei giorni scorsi e attualmente in miglioramento.

La prima cosa è "scongiurare qualsiasi rischio epidemia - afferma Massimo Andreoni, direttore dell'Unità operativa complessa Malattie infettive all'Università di Tor Vergata - e la correlazione eventuale tra questi casi potrà essere effettuata dagli studi di biologia molecolare che avranno il compito di stabilire un eventuale nesso tra gli episodi in Puglia". Al momento, sottolinea lo specialista, "i dati in nostro possesso ci inducono a ritenere che non vi siano pericoli per la popolazione né alcun rischio epidemia".

"E' bene mantenere alta la guardia sulle principali norme igieniche e in primis il lavaggio delle mani, poiché è anche possibile, seppur eccezionalmente, la trasmissione del germe tra uomini per via oro-fecale", avverte.

"La Sindrome emolitico-uremica - spiega Massimo Galli, vicepresidente della Simit e ordinario di Malattie infettive all'Università degli Studi di Milano - in questi casi è causata da un'infezione da Escherichia coli enteroemorragica. Tra la fine di luglio e la fine di agosto del 2013 erano stati registrati in Puglia 20 casi di Seu, per la maggior parte dei quali, esattamente 16 su 20, è stato possibile dimostrare l'associazione con un'infezione da E.coli enteroemorragica O26".

Tutti casi fra bambini residenti in Puglia, o che vi avevano soggiornato. Ma "non risulta sia stata identificata con certezza la fonte dell'infezione, anche se è verosimile possa trattarsi di prodotti lattiero-caseari, in particolare latte bovino", aggiunge. Le mucche ospitano frequentemente nell'intestino ceppi di E.coli che producono tossine - rilevano gli esperti - chiamate shigatossine (Stec) o verotossine (Vtec), in grado di provocare una grave sindrome nella nostra specie, ma non in bovini e ovini, a differenza nostra sprovvisti di recettori per la tossina.

In Italia tra il 1988 e il 2010 sono stati registrati dall'Istituto superiore di sanità 710 casi di Seu, con un tasso annuale medio di incidenza di 0,35 nuovi casi per 100.000 abitanti in età pediatrica. I tassi più elevati si riscontrano nelle regioni del Nord (Valle d'Aosta 1,06, Veneto 0,57, Piemonte 0,55, Lombardia 0,52, Trentino e Bolzano 0,43), mentre al Centro-Sud la regione più colpita è la Campania (0,39 casi per 100.000 bambini). Il picco di incidenza in Italia è ad agosto, come gli episodi in Puglia sembrano confermare.

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