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Salute: l'economista, il dolore muscolo-scheletrico brucia lo 0,5% del Pil

08 settembre 2017 | 08.55
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Salute: l'economista, il dolore muscolo-scheletrico brucia lo 0,5% del Pil

Mal di schiena, dolore lombare o cervicale. Non ogni tanto, bensì ogni settimana per 6 italiani su 10. Sono i sintomi più diffusi del dolore muscolo-scheletrico che, oltre a tormentare chi ne soffre, costa e non poco: in Italia 'brucia' ogni anno "8 miliardi di euro, che significa lo 0,5% del Pil. Un dato estremamente impattante", avverte Claudio Jommi, presidente dell'Associazione italiana di economia sanitaria, professore di Economia aziendale-Dipartimento di Scienze del farmaco all'università del Piemonte Orientale e responsabile scientifico dell'Osservatorio farmaci del Cergas Sda Bocconi di Milano. L'economista commenta all'AdnKronos Salute i risultati del Global Pain Index, indagine promossa da Gsk Consumer Healthare su oltre 19 mila persone in 32 Paesi del mondo (VIDEO).

E' anche sulla base della fotografia scattata con questa ricerca che l'azienda, società del gruppo farmaceutico britannico GlaxoSmithKline dedicata all'automedicazione, lancia una piattaforma d'azione globale per ridurre l'impatto del dolore muscolo-scheletrico nei prossimi 5 anni. Prima iniziativa italiana la campagna di informazione 'Fermi mai! Via libera al movimento", online e nelle principali farmacie dello Stivale.

Dalla survey emerge che nel nostro Paese il dolore in questione si traduce in una media di circa 3 giorni di malattia all'anno. "L'assenza dal lavoro genera ovviamente degli impatti sulla carriera e sulle prospettive professionali, come dichiara il 30% degli intervistati - osserva Jommi - Ricordiamoci poi che ogni giornata di malattia viene coperta nella stragrande maggioranza dei casi da enti previdenziali, quindi c'è anche un problema di inefficiente allocazione o distribuzione delle risorse". Ma accanto alla mancata presenza sul lavoro, l'esperto invita a considerare l'aspetto opposto: "Il cosiddetto presenteismo", ossia andare in ufficio anche quando si sta male, rendendo meno con effetti economici ancora tutti da calcolare.

"Il presenteismo, cioè la presenza sul luogo di lavoro con malattia - precisa Jommi - è un altro fenomeno rilevante" che emerge dall'indagine di Gsk Ch e si esprime con "una riduzione della performance: il 20% degli intervistati si dice insoddisfatto della propria prestazione sul lavoro e il 30% afferma di non avere sufficiente concentrazione". Questo aspetto al momento "non è stato valorizzato economicamente, ma potrebbe ulteriormente incrementare l'effetto economico complessivo del dolore muscolo-scheletrico".

Come agire, dunque, per contenerne gli effetti sanitari, sociali ed economici? Anche a questo proposito "la ricerca evidenzia alcuni elementi estremamente rilevanti - risponde l'economista - Il primo è quello dell'informazione. L'indagine rivela infatti che i pazienti non sono sufficientemente consapevoli delle opportunità terapeutiche" disponibili. "Hanno certamente un'ottima relazione con i professionisti sanitari", nella fattispecie soprattutto medici di medicina generale e farmacisti, "ma questa relazione probabilmente non si converte in una sufficiente attenzione alla patologia. Quindi migliorare l'informazione e migliorare l'interazione con i professionisti sanitari sono senza dubbio due aspetti di estrema rilevanza".

Priorità da perseguire anche per Cristián Dufeu, General Manager Gsk Ch Italia, Grecia e Israele: "Fare informazione e promuovere la consapevolezza sul dolore muscolo-scheletrico è il primo passo", afferma. Perché poi "le soluzioni ci sono", correggendo gli stili di vita sbagliati, parlando con gli addetti ai lavori e chiedendo loro consiglio.

"Nel contesto italiano, e lo rivela anche la ricerca - dice ancora Jommi - c'è una grande fiducia nei confronti dei professionisti sanitari" più direttamente chiamati in causa nella gestione del dolore muscolo-scheletrico, appunto medici di famiglia e farmacisti. "Certamente - conclude l'esperto - la fiducia nei confronti di questi attori del Servizio sanitario nazionale è un ottimo punto di partenza e deve essere la leva per migliorarne ulteriormente il rapporto con il paziente". A beneficio suo e delle casse della Sanità.

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