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Storia di Marcolino, ex bimbo piuma

15 novembre 2019 | 13.00
LETTURA: 7 minuti

Per il suo primo compleanno è tornato all'ospedale Niguarda di Milano a festeggiare con i suoi angeli. "Gli zii della Tin"

'Marcolino' con il team della Tin di Niguarda (foto ospedale Niguarda di Milano)
'Marcolino' con il team della Tin di Niguarda (foto ospedale Niguarda di Milano)

Nella Terapia intensiva neonatale- Tin dell'ospedale Niguarda di Milano Marco ci ha passato i primi 98 giorni di un ricovero lungo 4 mesi, di cui più di 2 e mezzo chiuso in incubatrice, con l'esperienza della ventilazione assistita, un'infezione diffusa che sembrava non voler guarire nonostante il continuo aggiustamento della cura antibiotica, due operazioni ravvicinate all'intestino. Ex 'bimbo piuma', nato con 3 mesi di anticipo nel novembre 2018 pochi giorni prima del 17 - Giornata mondiale dei bebè prematuri - per il suo primo compleanno Marco è tornato nel reparto che l'ha salvato, dove per tutti è 'Marcolino' e dove ha festeggiato insieme a medici e infermieri. "Gli zii della Tin", li chiama mamma Chiara, 37 anni, operaia in un'azienda tessile, residente nel Milanese.

"L'avevo promesso e ci è venuto naturale: la candelina del primo compleanno di mio figlio non poteva non essere spenta in compagnia di chi ci ha assistito e ci ha dato forza", spiega la giovane, ripercorrendo la storia della sua prima gravidanza. Una gestazione seguita da Niguarda e vissuta "senza particolari complicazioni", fino a quel travaglio cominciato troppo presto, per un maschietto che aveva fretta di venire al mondo anche se pesava poco più di un chilo e non aveva ancora i polmoni maturi.

"Era ormai pomeriggio quando andai a vedere il mio piccolo ometto per la prima volta, nato la mattina di quel giorno, ma del quale non avevo potuto vedere neanche l'ombra perché mi era stato portato subito via", racconta Chiara. "Lo portiamo in Terapia intensiva in fondo al corridoio", le avevano detto. "Dobbiamo subito visitarlo e prenderci cura di lui, è in buone mani, stai tranquilla". Lei ha resistito e anche Marco, che oggi "sta bene e ha recuperato pienamente", assicurano da Niguarda.

"La vita in Tin è un mondo a sé stante - testimonia Chiara - Non ti aspetteresti mai di farne parte, eppure da un momento all'altro ti ci trovi catapultata dentro". Quel pomeriggio "entrai cautamente", ricorda la giovane che ha ancora nelle orecchie "i suoni assordanti e indimenticabili", e negli occhi la distesa di incubatrici e "tutti i genitori seduti accanto a queste piccole scatole di plastica". Poi sono arrivate loro, gli angeli. "Tre ragazze: le prime vestite di azzurro erano infermiere, quella vestita di blu la dottoressa. Si presentarono e mi descrissero accuratamente, con tanta gentilezza, cosa fossero tutti i tubicini che erano attaccati al mio scricciolo. Non riuscii a trattenere le lacrime" e "fu solo l'inizio".

"Da quel momento sono andata in Tin tutti i giorni", continua la mamma. "Ci ho passato ore, anche la notte, perché in reparto hai la possibilità di stare 24 ore su 24 ed è una cosa straordinaria - sottolinea - Sai che puoi stare con i tuoi 'guerrieri' tutto il tempo che vuoi e questo credo sia fondamentale in una situazione come la mia e come quelle di tutti i genitori che entrano a far parte di questo mondo".

"Ho passato le mie giornate lì, soprattutto da sola perché il mio compagno doveva lavorare e mi raggiungeva la sera". Ma Chiara non si è sentita abbandonata: "Era come se vivessi in una grande famiglia - dice - Tutti i dottori, e soprattutto gli infermieri, sono sempre stati accanto al mio piccolo. L'hanno aiutato, l'hanno curato e hanno creduto in lui". Marcolino piccolo però forte, che dopo un inizio in salita vivrà come gli altri.

A NIGUARDA LA TIN DEI RECORD - Trecentocinquanta neonati all'anno, quasi uno al giorno, arrivano all'ospedale Niguarda di Milano dalla città, dal resto della Lombardia e da fuori regione per essere ricoverati nel reparto di Terapia intensiva neonatale. Una Tin dei record, dove la sopravvivenza di 'bebè piuma' che spesso stanno dentro il palmo di una mano arriva al 90,9% e dove il 67,2% diventa grande senza disabilità. Un livello eccellenza che si raggiunge "con la passione, lo studio, l'aggiornamento continuo e la voglia di confrontarsi con i migliori per potersi migliorare sempre", spiega all'AdnKronos Salute il primario Stefano Martinelli.

La Tin di Niguarda conta 7 letti di Terapia intensiva e 20 di Sub-intensiva. Nell'ospedale è basata una delle tre équipe di trasporto d'emergenza neonatale del capoluogo lombardo, che da sola fa una sessantina di viaggi ogni anno. Tra il 2006 e il 2018 il reparto ha curato 634 prematuri che alla nascita pesavano meno di 1.500 grammi .

I numeri di Niguarda spiccano nel mondo, se rapportate alle medie della Von (Vermont Oxford Network): una rete che si occupa di migliorare la qualità e la sicurezza dei reparti per i prematuri, creata negli Usa nel 1990 e alla quale aderiscono oggi circa mille centri del globo fra cui la Tin di Niguarda. In ambito Von il tasso di sopravvivenza è all'85,7% e quello dei bimbi che ce la fanno senza riportare disabilità al 57%. Le circa 90 Tin italiane sono sopra la media con l'86,7% e il 61,1% rispettivamente.

In Italia - ricordano da Niguarda - i bebè pretermine rappresentano circa il 10% del totale nati, incidendo sulla mortalità neonatale per il 50% e su quella infantile per il 40%. Bambini nati prima della 37esima settimana di gestazione, che fin dai primi istanti di vita hanno bisogno di terapie intensive adeguate e dedicate perché non hanno ancora maturato del tutto organi e apparati, e non sono ancora capaci di adattarsi alla vita fuori dal grembo materno.

"Al Niguarda - sottolinea Martinelli, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale - è anche particolarmente bassa l'incidenza di complicanze come la retinopatia della prematurità grave e la leucomalacia periventricolare, grazie al supporto di Cardiologia, Cardiochirurgia, Neurologia, Chirurgia e Oculistica pediatriche e dei servizi di diagnostica che ci permettono di offrire assistenza a 360 gradi ai neonati, sia pre-termine che a termine". Altro dato di rilievo: "Una mamma su due che lascia la Tin di Niguarda è in grado di allattare il suo piccolo esclusivamente con il proprio latte".

"Quella di Marco è una delle tantissime storie che abbiamo nel cuore - precisa il primario - le storie di cui è fatta la nostra vita ospedaliera e che sono la nostra soddisfazione più grande". Certamente l'eccellenza va supportata, riflette lo specialista che, invitato a lanciare un messaggio ai decisori, chiede semplicemente di "ottimizzare le risorse, che oggi sono poche nella sanità così come in tanti altri settori, concentrandole nei centri di riferimento. Un approccio che dovrebbe valere per ogni disciplina". Intanto Niguarda non si ferma e punta ancora più in alto: "Il nostro obiettivo è sempre la qualità. Vogliamo migliorare ancora e migliorare sempre, perché per la qualità non c'è mai un massimo", conclude Martinelli.

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