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Coronavirus, infettivologo: "Fosse come colera sarebbe più facile"

26 febbraio 2020 | 17.40
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Francesco Saverio Faella ha vissuto in prima linea l'epidemia di colera a Napoli, tra l'agosto e il settembre del 1973

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Ha vissuto in prima linea da infettivologo l'epidemia di colera a Napoli, tra l'agosto e il settembre del 1973, e oggi Francesco Saverio Faella, primario emerito dell’ospedale partenopeo Cotugno, sta seguendo 'da osservatore' l'epidemia di nuovo coronavirus in Italia. "Cosa penso? Magari il Covid-19 fosse come il colera, sarebbe più facile da fermare", spiega all'Adnkronos Salute Faella, oggi in pensione ma ancora molto attivo come divulgatore scientifico.

Il 24 agosto 1973 a Torre del Greco, vicino Napoli, furono registrati i primi due casi di colera, due persone con gastroenterite acuta. "Come oggi, anche allora ci fu grande paura - ricorda Faella - ma rivivendo quello che accadde posso dire che dal punto di vista scientifico fu poca cosa. La sua diffusione per via oro-fecale si può bloccare con una corretta igiene e poi nel 1973 ci fu una poderosa profilassi. Il coronavirus è un molto differente".

"L'impatto del coronavirus è estremamente elevato e sta preoccupando moltissimo - prosegue Faella - ma deve farci riflettere anche l'infodemia che ci sta sommergendo. Con una massa di dati e di informazioni che spesso non riusciamo a filtrare in tempo reale. In giro leggo di tutto e di più, ad esempio che è una semplice influenza, ma non è così. Penso invece che tra allarmisti e non serve una via di mezzo - suggerisce l'infettivologo - non è una semplice influenza perché la mortalità è diversa. Da anni l'organismo umano conosce questo tipo di infezioni e il nostro sistema immunitario lo riconosce e sa combatterlo, con il coronavirus non siamo nella stessa condizione: è sicuramente più aggressivo dell'influenza".

Secondo Faella "il coronavirus non è paragonabile all'influenza spagnola del 1918 che fece 30 milioni di morti, però se l'epidemia dovesse allargarsi metterà alle strette il Ssn che potrebbe andare in difficoltà".

"Sono passati tanti anni dall'esperienza del colera a Napoli - avverte l'infettivologo - la sanità napoletana e quella italiana sono nettamente migliorate. Negli anni ci siamo preparati. Quando ancora non si sapeva nulla dei contagi in Lombardia e Veneto, se mi avessero chiesto dove poteva scoppiare il primo focolaio in Italia avrei detto in Lombardia - conclude Faella - ma non perché sono un mago: perché i lombardi viaggiano molto più dei napoletani, per affari o turismo, e questi virus viaggiano con noi. Ma riusciremo a venirne fuori".

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