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Sanita': Corte giustizia, Stati a rischio crack non tenuti a rimborso cure in Ue

23 giugno 2014 | 13.37
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Roma, 23 giu. (Adnkronos Salute) - Prima tegola sulla Shenghen della salute, la libera circolazione dei pazienti nell'Ue. Arriva da una pronuncia della Corte di Giustizia europea, che riconosce che uno Stato membro è obbligato ad autorizzare la prestazione sanitaria in un altro Stato dell'Unione quando non può garantirla sul proprio territorio per una "carenza di carattere contingente e transitorio", ma sottolinea altresì che "in caso di problemi di carattere strutturale, lo Stato membro non è obbligato ad autorizzare la prestazione di tale servizio in un altro Stato".

In pratica, si cerca di evitare l'emigrazione di massa pazienti da uno Stato con un servizio sanitario che non ha i mezzi e le competenze per assicurare prestazioni complesse ai propri cittadini. Se infatti questo Stato dovesse poi rimborsare le spese per gli interventi effettuati in altri Paesi dell'Ue, rischierebbe la bancarotta. O, comunque, andrebbe in tilt il sistema del welfare.

Da qui la decisione dell'avvocato generale Cruz Villalón, che si è pronunciato sul caso di una cittadina rumena, colpita da una grave patologia. La donna era stata ricoverata in un istituto specializzato a Timisoara, aveva bisogno di un intervento chirurgico urgente, ma la struttura non poteva effettuarlo. La paziente ha chiesto allora l'autorizzazione a essere operata in Germania: autorizzazione negata. Nonostante il no, la signora Petru ha deciso comunque di partire e operarsi, pagando 18 mila euro, di cui chiede ora il conto alla Romania. Il Tribunale di Sibiu, chiamato a decidere sulla controversia, ha chiesto lumi alla Corte di giustizia europea. (segue)

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