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Sanità, Urbani: "Con big data già possibili 800 mln risparmi"

11 febbraio 2020 | 13.45
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Andrea Urbani
Andrea Urbani

"Possiamo dire che oggi il Servizio sanitario nazionale italiano offre prestazioni gratuite e di altissima qualità e lo fa in equilibrio economico. Nel mondo occidentale siamo solo noi ad avere queste caratteristiche: un unicum di cui andare molto fieri e che dobbiamo mantenere". E grazie alla mole di dati che oggi il ministero della Salute possiede, utili a misurare e verificare le prestazioni di tutto il Paese, "è già stato verificato che è possibile risparmiare 800 milioni di euro". Lo afferma all'Adnkronos Salute Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria del ministero della Salute.

"In molti Paesi simili al nostro - spiega - non viene assicurata assistenza sanitaria universalistica. Fanno eccezione alcuni sistemi scandinavi e quello inglese, che però sta saltando e oggi ha bisogno di investire 4 punti di Pil per mantenere le garanzie di cui stiamo parlando. L'Italia, oggettivamente, no".

Ma non è stato sempre così, ricorda Urbani: "Il sistema implementato dal 1978 ha determinato un fabbisogno e una richiesta di prestazioni che a un certo punto è andata fuori controllo. Quindi, dal 2007, il governo italiano decise di fare un'analisi, una 'due diligence', avvalendosi di tecnici, sullo stato di salute dei conti e dell'assistenza nel Paese. Si scoprì che se fossimo stati un'azienda privata avremmo dovuto portare i libri contabili in tribunale, perché perdevamo 5 miliardi di euro ogni anno e la spesa superava le risorse assegnate alla sanità in maniera importante. Avevamo accumulato circa 10 miliardi di debiti. Questo significava personale, fornitori e servizi che non si riuscivano a pagare. E soprattutto avevamo misurato una disomogeneità importante lungo il Paese e un livello di qualità non eccessivamente elevato. Per questo, si è stati costretti a mettere in campo una serie di misure necessarie in quella fase, che funzionassero immediatamente".

"La spending review - ricorda il Dg - è stato un concetto molto raccontato, ma che non è stato possibile applicare, perché non si avevano gli strumenti, un patrimonio informativo che consentisse di misurare puntualmente il livello delle qualità erogate. E si sono dovuti introdurre i cosiddetti tagli lineari, o tetti di spesa all'acquisto di prestazioni da privato, per il personale, per la farmaceutica, i dispositivi medici. Un sistema 'a silos' per mettere sotto controllo velocemente questo eccessivo assorbimento di risorse. Ma, dopo 10 anni, il Ssn ha chiuso i conti (nel 2018) con nessun debito e un miliardo di euro di disavanzo, che è una piccola cifra sui numeri della sanità. E soprattutto oggi è un sistema altamente sostenibile, dato che le coperture finanziarie sono ampiamente superiori".

"Il percepito che riguarda questo periodo di tagli - evidenzia - è spesso negativo. Ed è vero che questa tipologia di governo della spesa ci ha fatto perdere di vista l'interdipendenza fra le diverse voci di spesa. Un esempio sono stati i farmaci per l'epatite C, che eradicano una malattia cronica o con esito infausto: hanno un costo importante, ma consentono di guarire i pazienti". La governance adottata finora "ci ha fatto percepire queste terapie come spesa. In realtà, se cambiamo visuale e misuriamo l'impatto di un intervento terapeutico su tutto il settore e anche sul bilancio dello Stato, non si può non considerare che un farmaco ha curato una persona che, dal giorno dopo in cui finisce la cura, non consumerà più medicinali, ricoveri, trapianti. Ecco che oggi, dunque, serve una logica olistica, sistemica, orizzontale che analizzi questo costo anche alla luce dei risparmi che genera su tutte le altre voci di spesa".

"Teniamo conto - prosegue - che ci troviamo in un momento di 'calma apparente', in cui il sistema è in equilibrio ed eroga cure di grande qualità, con la seconda aspettativa di vita al mondo e tassi di sopravvivenza che continuano a crescere. Siamo bravi, quindi, e continuiamo a migliorare. Ma abbiamo anche una popolazione che invecchia (il 22% ha oltre 65 anni e tra 20-30 anni si arriverà al 34%) con il suo carico di bisogni ai quali dovremo fare fronte,) e in più avremo una serie di innovazioni a cui dovremo dare accesso, perché salvano vite in una maniera impensabile anche qualche mese fa. Pensiamo alle terapie geniche. Bisogna quindi ripensare le regole del gioco se vogliamo mantenere questo livello di garanzie e di sostenibilità su scenari di medio-lungo periodo".

Ecco che il ministero della Salute è al lavoro proprio su questo fronte: "Da un lato - spiega il Dg della programmazione - stiamo utilizzando il patrimonio informativo che è stato creato negli ultimi 10 anni per generare delle evidenze nuove. Abbiamo compreso che ci sono margini per recuperare efficienza anche con l'attuale forma di governo della spesa: tanti anni fa non analizzavamo puntualmente tutto quello che avveniva nel Ssn, oggi misuriamo l'85% dell'attività sanitaria su flussi e sappiamo dunque esattamente cosa succede in ogni reparto, quanto costa, che attività produce. Abbiamo cominciato a creare delle relazioni fra queste informazioni. Nella prima fase di controllo della spesa ci preoccupavano solo di acquistare al meglio, in questa seconda fase mettiamo in relazione la spesa con le attività, e sono emerse differenze importanti fra Regioni che prima non avevamo chiare".

"Spesso - evidenzia - un dispositivo viene pagato lo stesso prezzo, ma non viene utilizzato alla stessa maniera in tutta Italia. Questo vale per 10 categorie merceologiche che abbiamo già misurato puntualmente Regione per Regione, Asl per Asl: abbiamo ottenuto evidenze per possibili risparmi per 600-800 milioni semplicemente comprando meglio. E sono tutte informazioni che mettiamo a disposizione di Regioni, centrali d'acquisto, soggetti aggregatori, per poter migliorare i comportamenti. E' un atto dovuto, perché bisogna usare al meglio le risorse dei cittadini alla luce delle conoscenze".

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