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Sardegna: dopo voto montano proteste contro Legge statutaria elettorale

20 febbraio 2014 | 09.09
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E' bufera sulla Legge statutaria elettorale, quella votata dall'Assemblea regionale sarda nel novembre del 2013, che ha disciplinato l'elezione del XV Consiglio regionale della Sardegna, lasciandosi dietro, dopo la chiusura delle urne, una scia di polemiche tanto da far pensare addirittura ad un r icorso alla Corte Costituzionale per totale assenza del criterio di rappresentatività territoriale.Una legge che è stata pensata per quattro province, quelle storiche di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro, dopo il referendum del 5 maggio 2012 che abrogavano le province regionali di Medio Campidano, Carbonia Iglesias, Ogliastra e Olbia Tempio, ma che di fatto è stata utilizzata per le otto vecchie ripartizioni provinciali, penalizzando i territori meno popolati. Pensata e scritta dalla Prima Commissione 'Autonomia' sul metodo D'Hondt non ha funzionato in Sardegna, nonostante il metodo del matematico belga, sia quello su cui si basano le leggi elettorali di numerosi paesi europei.Il primo a protestare contro la legge è stato Doddore Meloni, storico leader di Maris -Malu Entu. Iniziò prima delle elezioni contestando la raccolta di firme a sostegno della presentazione delle liste. Requisito che alcuni partiti aggirarono grazie ad uno stratagemma tecnico: se il partito fosse stato presente in Consiglio regionale non c'era necessità di raccogliere firme. Alcuni consiglieri regionali a dicembre formarono gruppi tecnici che hanno permesso alle nuove liste di non raccoglier firme. Meloni restò fuori e quindi anche stamani, per il terzo giorno, con una bandiera sarda sulle spalle, dalle 7 alle 8, presidia il palazzo di viale Trento a Cagliari, sede della Regione Sardegna, definendo la legge anticostituzionale e liberticida. "La mia presenza, non è una semplice protesta, ma è tesa al ripristino del diritto a essere governati in base proporzionale come sancito dalle motivazioni pubblicate dalla Corte Costituzionale in data 13 Gennaio 2014 e da Lei sicuramente conosciute", afferma Meloni, rivolgendosi al neo presidente della Regione Francesco Pigliaru. "Lei si renderà conto - dice Meloni -, che rappresenta una minoranza dei cittadini Sardi, ma che tramite quelle norme presenti nella legge elettorale statutaria pubblicata il 14 Novembre 2013 e cassate dalla Corte Costituzionale, si accinge a governare la nostra gente con norme illegittime. Per cui abbiamo presentato i ricorsi in tutti i Tribunali sardi... e finchè questa legge non verra' abrogata, noi continueremo a ricordarglielo con la nostra presenza".Le proteste arrivano anche da Michela Murgia, la scrittrice leader di Sardegna Possibile che ha preso oltre 75mila voti con la sua coalizione (10,30%, ma le liste non hanno superato il 5% quindi non elegge nessun consigliere regionale), da Antonio Satta, leader dell'Upc, ad Andra Biancareddu, assessore dell'ambiente, anche lui gallurese (Udc) ma soprattutto da Giampiero Scanu, leader del Pd in Gallura, che si scaglia contro una legge per la quale ha chiesto di studiare un ricorso alla Consulta che potrebbe portare addirittura l'annullamento delle elezioni. Le conferme sugli esiti della legge arrivano dai numeri: la Gallura perde due consiglieri regionali su cinque, il Medio Campidano due su quattro, l'Ogliastra uno su due nonostante Angelo Ivano Stochino di Forza Italia abbia sfiorato i 5mila voti, il Sulcis due nonostante un candidato di Unidos abbia riportato oltre 2.200 preferenze. Tutto ciò per il complicatissimo calcolo dei resti, che premia i territori più rappresentati, ovvero quelli con più elettori, e che pone uno sbarramento del 5% ai partiti e del 10% alle coalizioni.Calcolo dei resti che non solo ha falcidiato la rappresentanza territoriale ma, insieme al voto disgiunto (ovvero la possibilità di votare un candidato territoriale e un presidente di altra coalizione) ha creato problemi talmente gravi da mandare in tilt i software di alcuni comuni e costretto a mandare i plichi delle schede non scrutinate entro le 12 ore previste dalla legge, nei tribunali circoscrizionali. Allungando così le operazioni di spoglio e di attribuzione dei seggi. Una legge che premia rappresentanze decimali e penalizza candidati che hanno preso migliaia di preferenze, ma che non ha previsto due variabili incalcolabili: la vittoria dell'astensionismo (l'affluenza è stata del 52,23%) e del voto disgiunto.Nessun problema però per i decani del Consiglio regionale, Mario Floris (Uds) e Giorgio Oppi (Udc) eletti nel collegio di Cagliari. Per loro vale la regola dei voti presi, porta a porta, qualsiasi sia la legge elettorale, ordinaria o statutaria, o il calcolo dei resti e delle percentuali.

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